Fragheto, una strage “dimenticata”

di GIANCARLO IACCHINI
Quando lavoravo alla redazione pesarese del Messaggero, il 6 aprile di ogni anno chiedevo (e ottenevo) di fare un articolo per ricordare l’eccidio nazifascista di Fragheto, la sperduta frazione di Casteldelci, tra Marche e Romagna, dove il 7 aprile del ’44 i soldati tedeschi, guidati dai fascisti locali, trucidarono senza pietà 30 persone (donne, vecchi e bambini) "colpevoli" di aver aiutato e ospitato un partigiano ferito…

Il rapporto dei carabinieri su quella strage insensata fu nascosto (insieme ad altri 700 fascicoli) nel famigerato "armadio della vergogna" – chiuso con catene e lucchetto e con le ante girate verso il muro – nello scantinato di un palazzo di Roma, e ritrovato per puro caso da alcuni muratori solo nel 1994 (cinquant’anni dopo!).

Un magistrato della Procura Militare di La Spezia, Marco De Paolis, cominciò da allora un’incredibile, pazientissima ricerca storica e giudiziaria per risalire ai colpevoli (nomi e cognomi) di quelle centinaia di eccidi considerati "minori" (rispetto a Marzabotto, Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema) ed io lo citavo sempre nei miei brevi articoli. Finché un anno, stufo di scrivere sempre le stesse cose, mi feci coraggio e gli telefonai, e per prima cosa gli dissi: Lei per me è un EROE!… «Grazie di cuore – mi rispose con una modestia per me commovente – non sono un eroe… però… finalmente un giornalista che si interessa del lavoro enorme che mi sono sobbarcato, con un paio di collaboratori soltanto e senza aiuti di alcun tipo!». Allora La ringrazio per non aver ancora mollato… ma perché lo fa? «Perché la giustizia deve fare il suo corso, anche dopo 60 o 70 anni, e gli INDIVIDUI che hanno fatto questo, sparando a sangue freddo su donne e bambini inermi, DEVONO essere individuati e PAGARE, anche simbolicamente. Non è che la "guerra" giustifica tutto!». Chi ha massacrato a Fragheto? «Non le SS, non la Gestapo, ma un reparto della Wehrmacht: soldati "normali", giovani… guidati da 3 ufficiali ai cui nomi sono finalmente arrivato. E adesso saranno processati». Sono ancora vivi quindi… «Sì. Due di loro hanno 90 anni e quello con le maggiori colpe nell’eccidio addirittura 100… Capisco le perplessità, ma la giustizia insegna che le responsabilità sono individuali, ed è moralmente GIUSTO che questi criminali subiscano almeno un processo».

L’anno dopo venni a sapere che il governo (Prodi, per la cronaca) aveva deciso di chiudere le procure militari in quanto "anacronistiche", compresa quella di La Spezia. Richiamai il magistrato: dottor De Paolis, io non capisco… ma i politici lo sanno che razza di lavoro Lei sta ancora svolgendo? «Bella domanda, amico mio – mi rispose amareggiato – Me la sono posta anch’io; e posso dirle che il suo stupore è anche il mio!».

Il processo comunque andò avanti (a Verona): il criminale centenario morì pochi giorni prima della sentenza, mentre i due novantenni furono… assolti per insufficienza di prove.

Quanto a me, a parte gli articoli (non firmati) sulla vicenda di mio padre che salvò Churchill a Saltara nell’agosto di quello stesso disgraziato 1944, non mi sono mai sentito così dentro la notizia di cui scrivevo, come se solo io e quel magistrato – sospesi sulla storia più tragica di questo Paese – conoscessimo il valore di una cosa così importante e tuttavia così sconosciuta. Una sensazione di sconcerto e amarezza che sento ancora oggi quando penso a Fragheto.

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