“La sicurezza è di destra”, dice la sinistra (borghese)…

di LEONARDO MARZORATI
Benché il numero di reati stia calando negli ultimi anni in Italia, i gravi episodi di violenza che si verificano allarmano la popolazione ed emerge il problema della sicurezza personale. Nelle grandi città, i crimini come le violenze a scopo di rapina o sessuale fanno notizia, amplificati da media e social. Milano nel 2024 non è quella di decenni passati, dove era più facile imbattersi in rapine, sparatorie, risse o venire importunati da un tossico. Però i casi di violenza ci sono e mettono paura ai cittadini, specie quelli dei quartieri popolari. I borghesi della Ztl temono i ladri, sia quelli che entrano nei loro lussuosi appartamenti, sia quelli che per strada gli sfilano il prezioso orologio da polso. I proletari delle periferie possono sempre venire derubati, seppur la refurtiva darà meno lucro ai malviventi. Possono però anche subire violenza dai reietti, persone con gravi problemi psichici o dediti ad alcol e droghe, o che comunque vivono ai margini. Questi violenti difficilmente vanno a finire nei quartieri bene. Vivono in periferia e al limite si spostano verso le stazioni dei treni e della metropolitana, per elemosinare o mettere a segno espedienti.
Hasan Hamis era uno di questi. 37enne marocchino con svariati precedenti, Hamis era in Italia dal 2002 e non si era mai messo in regola con lo Stato. Quest’uomo è stato protagonista di una brutale aggressione alla Stazione di Lambrate. Il marocchino ha aggredito una donna di 55 anni, salvata dall’intervento di alcuni agenti della Polfer. Uno di questi ultimi è stato però accoltellato, il viceispettore Christian De Martino, ed è rimasto diversi giorni in ospedale in gravi condizioni. Come era prevedibile, i giornalisti di destra hanno subito puntato il dito contro il sindaco di centrosinistra Beppe Sala, tralasciando il fatto che da un anno e mezzo l’Italia è governata dalla loro area politica di riferimento, come pure la Regione Lombardia, quella dal lontano 1995. Hamis è il mostro perfetto per le prime pagine: ha alle spalle precedenti per rapina aggravata, furto, lesioni personali, stupefacenti, sequestro di persona ed è anche clandestino.
La stampa reazionaria urla che “non doveva stare in Italia”. I socialisti dicono che in un sistema capitalista si trova sempre una fetta di sottoproletariato parassita destinato a recare danno alla classe lavoratrice. Un sistema socialista darebbe maggiori tutele al sottoproletario, spesso straniero e non in regola, per regolarizzarsi economicamente e civilmente. Non funzionerebbe sempre, ma i balordi in strada sarebbero di meno.
Nella società capitalista e con complessi spostamenti di popolazione, le periferie delle grandi città come Milano vedono non pochi casi di soggetti critici. L’insicurezza personale impedisce a tante persone, soprattutto donne, di uscire di casa la sera, privandole di sacrosante libertà.
La sicurezza non è un tema di destra, come ha invece dichiarato Anna Camposampiero, l’esponente milanese di Rifondazione Comunista candidata alle europee con la Lista Santoro; è un tema di tutti. Soprattutto è un tema sentito da tante donne e uomini delle classi popolari che vivono in periferia. Per tutelare la sicurezza personale dei cittadini, i socialisti sono favorevoli a ronde popolari di quartiere. Spesso negli ultimi anni questa proposta è stata lasciata in mano alla Lega e alla destra. Le forze popolari anticapitaliste devono battersi per la tutela sociale e individuale del cittadino. Anche con ronde di quartiere. Gli ultimi casi significativi di ronde popolari sono raccontati nel libro L’orda d’oro (1968-1977. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale) di Primo Moroni e Nanni Ballestrini. Le ronde popolari presidiavano i quartieri operai e servivano da deterrente contro balordi, spacciatori e fascisti. L’Autonomia Operaia era costituita anche da ronde di quartiere. Sostituivano la Stato assente, che con le ronde militari (erano gli anni della leva obbligatoria) non copriva tutto il territorio e spesso lasciava scoperte le zone più povere delle città. Le ronde popolari attuavano anche piani inclusivi per i tossici, a volte con ottimi risultati (anche qui lo Stato era assente, ne sanno qualcosa a San Patrignano).
Negli anni successivi purtroppo è prevalsa la mentalità borghese progressista per cui la sorveglianza di quartiere e la sicurezza personale stessa erano da etichettare come temi di destra. Alla fine l’unica legge che “regolarizza” le ronde è del governo Berlusconi IV (2009) con il decreto Maroni che, tra le altre cose, prevede la possibilità da parte di privati cittadini di organizzare dei servizi di perlustrazione del territorio, definite genericamente dal decreto “associazioni di osservatori volontari”. Cittadini non armati, se non con uno spray irritante, che pattugliano i quartieri popolari per garantire ai residenti di uscire di casa e avere quindi maggiore vita sociale. Le ronde dissuadono da certi comportamenti, arrivando nei casi più critici a fare una segnalazione alle forze dell’ordine.
Socialismo è socialità, vedersi in piazza o in spazi pubblici, per discutere delle problematiche, per svolgere attività ludiche, culturali e sportive, ma anche per socializzare. Certi pifferai magici di destra ci vogliono chiusi in casa a guardare la TV, dove ci raccontano che un immigrato irregolare marocchino accoltella la gente a caso. “State a casa, è pericoloso uscire la sera. Ma è colpa della sinistra che li ha fatti entrare”. Non so quanto durerà questo giochino idiota, anche perché i mesi di esecutivo Meloni iniziano ad essere parecchi, e andrebbero sommati a tutti quelli in cui i partiti di centrodestra sono stati al governo.
Certi soloni di sinistra vogliono quartieri antifascisti rigorosamente borghesi e altri lasciati al loro destino. Che non si parli di ronde, roba da leghisti e fascisti. Qualcuno spieghi, racconti loro delle ronde operaie delle rivoluzioni socialiste o delle ronde antifasciste degli Arditi del Popolo. Ma è comprensibile che siano contrari alle ronde: nei loro quartieri non servono. Hanno il circolo ricreativo, il teatro e il cinema d’essai a pochi passi da casa. Difficile dalle loro parti incrociare un balordo con parecchi precedenti (reati dei colletti bianchi esclusi). Quindi, egoisticamente, pensano al proprio orticello e additano chi pone problematiche sentite, come la domanda sul perché certi reati vengono attuati più della media da stranieri, a ignorante leghista o razzista. Comprensibile che lo faccia un borghese progressista, molto meno che lo faccia un’esponente di Rifondazione Comunista, partito che dovrebbe stare dalla parte della classe operaia. Gli ultimi risultati elettorali di quel partito sono una risposta.
Le ronde popolari danno vita a un quartiere. Non a caso non piacciono alle mafie. Tranne quelle fasciomafiose che CasaPound organizzò a Ostia nel 2018. Le ronde popolari sono inclusive, uniscono persone di diversa nazionalità, religione, sesso, appartenenza, tutte unite dal contribuire a preservare il quartiere da degrado e violenze. Le ronde non devono essere bande come quelle del capolavoro cinematografico I Guerrieri della Notte. Oggi le uniche azioni di ronda le fanno i pensionati ed i volontari di associazioni quali l’Associazione Nazionale Carabinieri, la Protezione Civile, gli Alpini, eccetera. Lavoro nobile, ma che non arriva in zone della città dove le ronde popolari servono come il pane. Ai quartieri periferici di Milano le ronde popolari farebbero bene. Spieghiamolo ai compagni dalla testa dura.

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