L’alternativa secondo Giulietto Chiesa

Intervista di Giancarlo Iacchini

Ammette lui stesso di avere un carattere “spigoloso”, ed è consapevole di essere percepito come un “rompiscatole”, una Cassandra solitaria e talvolta fastidiosa per le orecchie di chi “non vuole ascoltare”, ma è anche convinto di essere l’unico intellettuale italiano a possedere una teoria realmente e completamente alternativa all’esistente, e si comporta di conseguenza. Quello che affascina di Giulietto Chiesa è la capacità di combinare, gramscianamente, il pessimismo della ragione con l’ottimismo della volontà. Basti pensare al titolo e sottotitolo del suo ultimo libro: “Invece della catastrofe. Perché costruire un’alternativa è ormai indispensabile”. E proprio Alternativa si chiama il movimento politico-culturale da lui fondato, paradossalmente basato sulla constatazione che, entro l’attuale quadro politico, non c’è proprio nessuna alternativa.

«La situazione italiana è molto seria – esordisce Chiesa – perché mentre la crisi economica e sociale procede ad altissima velocità, non emerge alcuna forza antagonista che abbia un peso politico rilevante. La cosiddetta sinistra non ha la minima percezione della portata globale di questa crisi, che viene semmai studiata e analizzata da personalità ed istituti estranei alla sinistra. Quanto al Movimento 5 Stelle, ha percepito alcuni frammenti del problema, ma la sua opposizione risulta miope poiché indirizzata soltanto contro la “casta” e non contro il sistema economico nel suo complesso; quindi nemmeno dal M5S viene un’alternativa al potere reale, benché la sua capacità di coagulare su posizioni di protesta un quarto degli italiani sia stata straordinaria, e rappresenti uno “zoccolo” da cui un eventuale fronte alternativo non dovrebbe prescindere».

Che cos’è che la sinistra non ha capito? Su quale idea dovrebbe basarsi una vera alternativa?

«E’ semplice: sul fatto elementare che in un sistema finito di risorse non è possibile uno sviluppo infinito. Un concetto tanto elementare quanto ostinatamente misconosciuto. E su questo scoglio si infrange sia la sinistra riformista o keynesiana, che ciancia di “ritorno alla crescita”, sia quella marxista, che sogna un socialismo come rimozione dei vincoli capitalistici allo “sviluppo illimitato delle forze produttive”. Il problema è che ormai il progresso non è più possibile attraverso lo sviluppo economico, perché abbiamo raggiunto i limiti naturali dello sfruttamento del pianeta».

E la teoria della decrescita?

«Dovrebbe spiegare cosa far decrescere, come e dove. E in ogni caso ci stiamo avviando verso una decrescita obbligata e tutt’altro che… felice. Vallo a spiegare a 60 milioni di italiani che l’era del bengodi è finita per sempre, e che non ci sono più da spartire le briciole che cadono dalla tavola imbandita dei pochi padroni dell’occidente, rei di aver saccheggiato le risorse del resto del mondo».

Cosa pensa dei tentativi messi in campo per unire i movimenti di base e creare un’espressione politica che li rappresenti?

«Che sarebbe un’operazione utile e necessaria, perché dai movimenti arrivano numerosi fermenti positivi ma nessuno di loro riesce a superare il microcosmo in cui è rinchiuso, quelle che io chiamo “nicchie conviviali”. Tra gli aspiranti aggregatori c’è però chi si indirizza verso obiettivi parziali e limitati (come la pur sacrosanta difesa della Costituzione), raccogliendo sempre le stesse persone più o meno della mia età, e chi come Giorgio Cremaschi vorrebbe lodevolmente andare oltre ma è partito col piede sbagliato: chiamando il suo movimento “Rossa” si aliena nove italiani su dieci e insiste su concetti superati come quello di una “classe operaia” che anche psicologicamente non esiste più, così come il mito centrista dei “ceti medi”. Oggi l’alternativa deve saper parlare alla stragrande maggioranza della popolazione, che al di là delle differenze sociali è colpita e immiserita tutta insieme dalle conseguenze della crisi. Ecco, se si parlasse un linguaggio capace di svegliare la gente dall’alienazione mediatica (perché anche la rete, tanto esaltata dai grillini, è diventata un formidabile fattore di disgregazione di ogni idea collettiva di società) si potrebbero conquistare milioni di consensi, magari alle elezioni europee del prossimo anno, che sono importanti».

Con quali parole d’ordine?

«Un programma di pochi punti, ma chiari e radicali: denuncia dei trattati di Lisbona e Maastricht; nazionalizzazione delle grandi banche e riconquista della sovranità monetaria (che non significa tornare alla lira, perché si può fare anche con l’euro, utile a proteggere l’Europa dalla crisi del dollaro: è infatti il debito americano la vera causa di quello europeo e italiano); un grande piano di investimenti pubblici nella scuola, nella ricerca e nelle fonti energetiche alternative; ruolo centrale dello stato nell’economia e stop alle privatizzazioni; occupazione giovanile e reddito di cittadinanza; via l’esercito italiano da tutti i fronti di guerra e dalle alleanze militari. Con un programma del genere si rischia di vincerle le elezioni! Ma chi avrà il coraggio di proporlo?».

Per quanto riguarda la “truffa del debito” ed il capestro europeo, c’è chi li denuncia con forza, come la Memmt dell’economista americano Warren Mosler e del suo sostenitore nostrano Paolo Barnard, ma per Chiesa è… aria fritta:

«I monetaristi guardano solo alla produzione della moneta, ma è come trascinare un cavallo tirandolo per la coda, quando invece è alle gambe che bisogna pensare. Ed è difficile che gli economisti di Obama possano venire a farci lezione su questo».

Cosa pensa di Sel, che nonostante la perdurante vocazione ad allearsi col PD è l’unica sinistra dichiarata che siede in parlamento?

«Non discuto il loro sentirsi di sinistra (lo saranno senz’altro) ma il loro essere subalterni al sistema. Un sistema da cui invece bisogna evadere, per non restare sepolti sotto le sue macerie».

Negli ultimi tempi Alternativa ha promosso iniziative congiunte con Azione Civile…

«Col movimento di Ingroia c’è sintonia su alcune questioni, mentre su altri aspetti, che per noi sono centrali, Azione Civile non ha una posizione. Ma io sono pronto a collaborare con tutti i movimenti che lavorano per affermare idee diverse e radicali, e a loro dico: vediamoci, discutiamone, uniamoci. Magari all’insegna di uno slogan come “uniti e diversi”… Costruiamola insieme, l’alternativa!».

(pubblicato sul n. 6 di Barricate)

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