Cronologia della trattativa Stato-mafia (seconda parte)

di ETTORE MARINI

20 luglio 1992
Vito Ciancimino, tramite suo figlio Massimo Ciancimino, fa pervenire a Provenzano una missiva in cui annulla l’incontro già stabilito per il 23 luglio, in cui Provenzano avrebbe dovuto riferirgli l’esito della mediazione con Riina. Evidentemente, la mediazione non era andata a buon fine.

22 luglio 1992

Fernanda Contri, segretario generale presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, appena nominata in questo ruolo da Giuliano Amato, incontra il colonnello Mori. Mori le confida che sta sviluppando importanti investigazioni e precisa che si sta incontrando con Vito Ciancimino.

Fine luglio 1992
Da una fonte confidenziale del maresciallo Antonino Lombardo, tale Francesco Brugnano, il ROS apprende l’indicazione che, per arrivare alla cattura di Riina, è necessario guardare alla famiglia mafiosa della Noce, guidata da Raffaele Ganci. Viene per questo costituito un gruppo operativo speciale comandato da Sergio De Caprio, al secolo Capitano Ultimo.

Primi di agosto 1992
C’è un momento di vuoto, di stasi. Vito Ciancimino si consulta anche con il figlio Giovanni, avvocato. Vuol sapere se ci sono realmente le condizione giuridiche per la revisione del maxiprocesso e la revoca della confisca dei beni ai mafiosi, che sono poi le uniche due cose che importano a Riina. Sempre in macchina, il padre, sull’andamento della trattativa, gli rivela: «Quella cosa è andata avanti. Sono state fatte delle richieste dall’altra sponda a questi personaggi altolocati».

Metà agosto 1992

Vito Ciancimino incontra Provenzano almeno due o tre volte. Stanno pensando ad una trattativa alternativa. Una seconda fase, per così dire. Una fase in cui Riina, da interlocutore, deve diventare l’obiettivo. Sarà Provenzano a prendere in mano le redini, sempre in accordo con il “signor Franco”. Entrambi verranno costantemente informati degli incontri con i Carabinieri. Spiega Massimo Ciancimino: «Mio padre dice: adesso conduco io il gioco». Riina viene tagliato fuori. Il papello diventa carta straccia. Ora, sul piatto della bilancia, c’è ben altro.

22 agosto 1992
Vito Ciancimino ordina al figlio Massimo di riprendere i contatti con i carabinieri. Egli telefona a De Donno per chiedere un nuovo incontro.

25 agosto 1992
Inizia ufficialmente la seconda fase della trattativa. L’incontro avviene sempre a Roma in via San Sebastianello 9. Mori e De Donno chiedono espressamente a Vito Ciancimino la cattura di Riina. Niente più resa incondizionata dei super-latitanti: l’unico obiettivo è Totò U Curtu. Il patto è stipulato: Provenzano e Vito Ciancimino aiuteranno i carabinieri ad arrestare Riina; i carabinieri, con un tacito consenso, regaleranno l’impunità a Provenzano, che sarà libero di riprendersi in mano le redini di Cosa Nostra e di “sommergerla”, riportando la situazione all’equilibrio pre-Riina. Ciancimino, dal canto suo, per la sua opera di mediazione tra Provenzano e i Carabinieri, riceverà benefici personali in termini di patrimonio e di processi a suo carico.

Fine agosto 1992
Continuano, serrati, gli incontri tra Vito Ciancimino e il colonnello Mori. Mori gli conferma che c’è l’assenso di Violante. Sta bluffando? Sia come sia, Ciancimino è rincuorato e si mette subito a scrivere una lettera per avere un’audizione ufficiale con Violante.

25 settembre 1992
Luciano Violante viene eletto Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia.

Ottobre 1992
Avvengono tre differenti incontri tra Mario Mori e Luciano Violante. Nel primo incontro Mori comunica a Violante che Vito Ciancimino vuole a tutti i costi parlargli in privato e che ha anche terminato la stesura di un libro in titolato “Le mafie” che vorrebbe sottoporre alla sua attenzione. Violante risponde che non intende avere incontri riservati. Se Ciancimino vuol parlare, lo può fare pubblicamente davanti alla Commissione Antimafia. Nel secondo incontro Mori porta a Violante il libro e sollecita di nuovo un incontro tra i due: «Ciancimino potrebbe dire cose molto importanti». Violante ribadisce che Ciancimino, per poter essere ascoltato, deve presentare un’istanza ufficiale. Chiede a Mori se sia stata informata l’autorità giudiziaria di Palermo di questa volontà di Ciancimino di parlare.

26 ottobre 1992
Si insedia ufficialmente la Commissione Parlamentare Antimafia. Vito Ciancimino non perde tempo e il giorno stesso scrive a Violante, chiedendo di essere sentito per dare la sua versione sul delitto Lima, che lui definiva «un avvertimento che va oltre la persona della vittima e punta in alto perché fa parte di un disegno più vasto, che potrebbe spiegare molte altre cose». Ma pone una condizione: alla sua udizione dovranno essere presenti anche le telecamere televisive.

27 ottobre 1992
Violante riceve la lettera di Vito Ciancimino, ma ritiene inaccettabile la richiesta delle telecamere. Ciancimino si ricrede ed accetta di parlare anche a telecamere spente.

29 ottobre 1992
Si riunisce l’ufficio di presidenza della Commissione Antimafia. Violante propone accertamenti sul delitto Lima e ricorda che «l’on. Ciancimino ha chiesto di essere ascoltato dalla Commissione, rinunciando alla presenza delle televisioni». Si decide di rimandare l’audizione a data da destinarsi.

10 novembre 1992
Si riunisce di nuovo l’ufficio di presidenza della Commissione Parlamentare Antimafia. Si parla di nuovo di Vito Ciancimino, ma non per decidere quando ascoltarlo, bensì si auspica un intervento del CSM affinché siano applicate le misure di prevenzione nei suoi confronti.

Metà novembre 1992
Vito Ciancimino strappa definitivamente a Provenzano la promessa di rivelare il nascondiglio di Riina. Chiama immediatamente il figlio Massimo e gli dice di ricontattare De Donno per farsi dare il materiale necessario all’individuazione del covo. De Donno si attiva e fa pervenire a Vito Ciancimino vari tabulati di utenze telefoniche, del gas, dell’acqua, della luce e le mappe catastali di Palermo arrotolate in alcuni tubi gialli. Ciancimino incontra De Donno a Roma e acconsente a rivelare il nascondiglio di Riina, ma vuole avere delle precise garanzie. Le ottiene, sia dai carabinieri che dal “signor Franco”: Riina verrà preso, ma non dovrà esserne perquisito il covo. In quella casa infatti ci sono contenute troppe carte «che potrebbero far crollare l’Italia». Riina le considera la sua assicurazione sulla latitanza.

Prima settimana di dicembre 1992
Vito Ciancimino raccomanda al figlio Massimo di fare delle copie dei tabulati telefonici e delle cartine topografiche della zona di Palermo-Monreale giù fino al Motel Agip (zona passo di Rigano), la zona dove presumibilmente si nasconde Riina. Lo manda poi a Palermo con tutta la documentazione. Massimo Ciancimino la consegna personalmente a Provenzano in zona di Viale Lazio nei pressi di uno studio dentistico.

Seconda settimana di dicembre 1992
Massimo Ciancimino accompagna il padre da Provenzano nella zona di via Leonardo da Vinci. Provenzano consegna loro una busta con dentro tutta la documentazione. Sulle mappe catastali di Palermo ha segnato con un cerchietto il quartiere in cui si trova il covo di Riina ed ha evidenziato con un pennarello delle utenze telefoniche specifiche.

12 dicembre 1992
Compare un articolo sul Corriere della Sera intitolato: «Riina è alle corde e Mancino giura: prenderemo il boss».

14 dicembre 1992
Su Panorama esce l’articolo di cui aveva parlato De Donno. Si intitola «Prossimo il dissequestro dei beni di Ciancimino. Una perizia ne dimostra la totale liceità». Tra il passaporto in arrivo e il patrimonio in procinto di essere dissequestrato, Vito Ciancimino è galvanizzato, entusiasta di come stanno andando le cose. Vede finalmente la luce in fondo al tunnel per i propri problemi giudiziari.

19 dicembre 1992
Vito Ciancimino torna a Roma e, appena messo piede sulla terraferma, viene arrestato. Massimo Ciancimino, da Palermo, chiama De Donno per capire cosa stia succedendo. De Donno gli assicura che lui non c’entra niente e che anche lui è all’oscuro rispetto a questo ripristino di custodia cautelare nei confronti del padre. Massimo riparte immediatamente alla volta di Roma con tutta la documentazione datagli da Provenzano. Dal carcere di Rebibbia, Massimo Ciancimino riceve una telefonata: è ancora De Donno. Si trova in cella insieme al padre, glielo passa e Vito sollecita il figlio a restituire a De Donno le cartine topografiche con le indicazioni del covo di Riina.

20 dicembre 1992

Vito Ciancimino, in carcere, prende carta e penna e scrive una lettera disperata a Provenzano. Dice: «Visto che mi avete usato, ora tanto vale che mi ammazziate. Visto che tu sei in grado di farlo, porta a compimento il tuo lavoro!». Chiude la lettera e la consegna al figlio perché la recapiti a Provenzano. Ma Massimo la prende, la ripone in un cassetto e non la consegnerà mai. Questa lettera ora è nelle mani dei magistrati di Palermo.

28 dicembre 1992
Fernanda Contri si incontra per la seconda volta con Mori che le conferma che il rapporto con Vito Ciancimino sta proseguendo. Le confida: «Mi sono fatto l’idea che Ciancimino è il capo o uno dei capi della mafia».

21 dicembre 1992
Massimo Ciancimino consegna a De Donno le mappe con su segnato il covo di Riina.

10 gennaio 1993
A domanda di un giornalista, Nicola Mancino rivela: «Prendiamo Riina».

15 gennaio 1993
Il capitano Sergio De Caprio prende Riina, poco distante dal suo covo, all’altezza della rotonda del motel Agip. Il suo covo non verrà mai perquisito, come da accordi presi. Vito Ciancimino, in carcere, si lamenta del fatto di essere stato scavalcato e sostituito, usato e gettato via. Nelle stesse ore, Gian Carlo Caselli si insedia come nuovo Procuratore Capo a Palermo.

(continua…)

Ettore Marini

(Movimento Agende Rosse – Pesaro e Urbino)

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