GL Savona: lettera aperta a MRS

Il mondo radicale, dal così glorioso passato, ha toccato il fondo. Il partito di Marco Pannella è ormai la parodia della vecchia formazione. Il radicalismo di fine ‘800 e inizio ‘900 rivitalizzato nel 1955 da Ernesto Rossi è solo un pallido ricordo. Nel primo periodo, dal 1955 al 1963, la salda cultura liberalsocialista di Ernesto Rossi, Leo Valiani e Guido Calogero aveva trovato un buon punto di intesa con la sinistra liberale, grazie alla mediazione del cenacolo degli amici del Mondo di Mario Pannunzio.

Un partito certamente non socialista ma libertario: pronto a combattere contro la partitocrazia, la deriva autoritaria e gli affarismi economici. Obiettivi critici rimanevano poi i totalitarismi neri e rossi, il potentato assolutista del Vaticano e il mondo militarista. La difesa della libertà individuale non accantonava però il tema della giustizia sociale, tanto caro all’Ernesto Rossi di Abolire la miseria. Ne seguì, dopo una breve crisi interna, la prima fase, 1963-1974, guidata da Marco Pannella, militante e non teorico, istrione più che intellettuale. In questo periodo il Partito Radicale, prima e dopo la scomparsa di Rossi, mette in pratica in maniera efficace le coordinate del suo fondatore e le idee di Umberto Calosso e Aldo Capitini. All’attenzione per la laicità e alla lotta anticlericale, si affiancano la battaglia pacifista e pacifica e il tema imprescindibile dei diritti individuali. Il partito si colloca nella sinistra extraparlamentare accanto a Lotta Continua e in stretta relazione con gli anarchici della FAI. Poi a metà anni ’70 si cambia il simbolo, il Berretto frigio lascia il posto alla Rosa nel pugno, e il partito fa il suo ingresso trionfale in parlamento. Da quel momento il partito inizia a mutare: da libertario diviene liberista, da pacifista guerrafondaio. Con grande sopportazione solo in anni recenti la parte assennata del partito lascia Pannella al suo narcisismo egotico. Nascono così i Radicali di Sinistra e da un’ulteriore spaccatura Libertà ed Eguaglianza e il Movimento Radicalsocialista. Tre realtà molto interessanti che riprendono le fila del vecchio Partito Radicale e ne riscoprono le radici liberalsocialiste. L’umanesimo e il federalismo, la libertà individuale e la giustizia sociale tornano ad essere i capisaldi programmatici insieme ad una spiccata propensione alla laicità. Fin dai nomi sembra si voglia rievocare oltre al radicalismo Giustizia e Libertà e il Movimento Liberalsocialista.

Tra queste formazioni è quella dei radicalsocialisti a svolgere il ruolo più determinante. Il suo compito principale è quello di patrocinare l’unità della sinistra promuovendo però un ideale libertario e liberale del socialismo. La vecchia, e alquanto criticata, idea di Rosselli di un “partitone” della sinistra torna attuale. Ma un forte distinguo Rosselli lo ha sempre evidenziato: l’antiautoritarismo. La vita stessa del leader giellista è stata spesa contro i fanatismi totalitari, che hanno dominato e devastato l’Europa e il mondo intero. Lo statuto e i documenti programmatici del Movimento Radicalsocialista in questo senso parlano chiaro: l’aspirazione è ad una libertà eguale, lontana sia dal despotismo del socialismo reale sia dal centralismo della socialdemocrazia. Ma di fatto l’unità a sinistra, se non la fusione con partiti comunisti, non può verificarsi senza la rinuncia alla pregiudiziale antiautoritaria: nonostante tutti gli esempi nefasti del realismo socialista, sono infatti ancora molti i militanti infatuati da dittatori e modelli claustrofobici. Il centralismo è poi presso i piccoli ma numerosi partiti comunisti italiani una caratteristica predominante, che male si concilia con il federalismo “integrale” proprio della tradizione azionista e ribadito dal Movimento Radicalsocialista. La stessa democrazia diretta, da voi elogiata e auspicata, si pone in stretta relazione all’attuazione federalista, come espressione di un’attività decentrata o autonoma, funzionale a pratiche autogestionarie. A voler andare più a fondo, poi, non si capisce la necessità di unire l’eterodossia marxista, di Rosa Luxemburg o di Karl Korsch, e il pensiero della scuola di Francoforte di Marcuse o di Fromm, con il liberalsocialismo, già di per sé considerato dai detrattori “ircocervo impossibile” di socialismo e liberalismo e dagli estimatori filosofia politica totalmente autosufficiente. Tuttavia, se proprio si vuole spaziare, porre tra i padri nobili Sartre e non Camus, Gramsci e non Berneri è alquanto strano per un movimento libertario. E’ quindi apprezzabilissimo lo sforzo sincretico, la voglia di contaminazione e l’apertura mentale che infrange le barriere e costruisce i ponti. Ma non solo la miscela di giustizia e libertà è già sviluppata appieno nel mondo socialista liberale: secondo molti liberalsocialisti è la matrice marxiana stessa, al netto di qualsiasi figliazione degenerata, ad essere di ostacolo all’anelito di libertà. A prescindere dalla riscoperta del Marx autentico e libertario, emancipato dalle incrostazioni dei suoi seguaci ed esegeti si è sviluppato in GL un dibattito che va dagli antisovietici agli antimarxisti. Storicamente infatti nel mondo giellista si sono mossi antistalinisti come Carlo Rosselli, socialista senza Marx, anticomunisti come Ernesto Rossi, profondamente liberale, acomunisti come Riccardo Lombardi, per il quale Marx è necessario ma non sufficiente, e antibloscevichi come Andrea Caffi, proudhoniano puro. Condividiamo quindi ogni aspetto dell’utopia concreta di un nuovo umanesimo, ma vi chiediamo se in tutto questo non occorra mettere con forza e determinazione la pregiudiziale antiautoritaria e federalista come punto di partenza pratico oltre che teorico.

Un abbraccio fraterno

Circolo Giustizia e Libertà Savona Cristoforo Astengo

One thought on “GL Savona: lettera aperta a MRS

  1. Risposta (provvisoria):
    Le finalità di MRS ed i problemi connessi alla realizzazione di queste finalità sono ben riassunte e illuminate nella lettera. Da “dialettici”, non ci sogniamo minimamente di negare le contraddizioni che ci sono, ad esempio tra l’obiettivo di “unire la sinistra” e quello di far prevalere la concezione libertaria e antiautoritaria che costituisce l’essenza del liberalsocialismo e dell’azionismo (che noi chiamiamo “radicalsocialismo” per distinguerci dalle versioni centriste e moderate). Cerchiamo di vivere questo coacervo di contraddizioni in modo dinamico, cercando di conciliare i due obiettivi in un processo che faccia vivere nella pratica – superando progressivamente ogni nodo e ostacolo – i valori teorici e pratici dell’antiautoritarismo. E questo vale anche per la prospettiva federalista, che ha padri nobili a sinistra ma è stata infangata e screditata dalla becera deformazione leghista.
    Quel che possiamo fin da ora garantire, a livello teorico, è la nostra assoluta fedeltà agli ideali libertari del socialismo e della democrazia radicale, senza nessuna concessione ai totalitarismi “rossi” e a pratiche autoritarie anche organizzative: ne sia prova la totale democraticità interna del nostro movimento, dove nessuno ha svolto la carica di portavoce unico per più di un anno, e negli ultimi anni si è sperimentata una forma di gestione collettiva (di fatto una autogestione) che rimuove alla radice ogni tentazione leaderistica e personalistica.
    Fermo restando questo impegno teorico e morale, cerchiamo anche di non essere ideologici e dogmatici nel nostro antidogmatismo… e dunque esercitiamo la pratica del dialogo, del confronto e delle intese su singole questioni con tutti coloro che si aprono a questo stesso dialogo e confronto. Ciò inevitabilmente ci può attirare la critica di “collaborare” con Tizio o con Caio, portatori di ideali e pratiche diverse dalle nostre, ma poi tutti finiscono per riconoscere la nostra buona fede e coerenza sui valori di fondo.
    Del resto se finora non ci siamo riconosciuti appieno in nessuna aggregazione politica a sinistra, incassando le relative accuse di “anarchismo” ed “estremismo” (l’ultima critica è quella di voler sempre fare i “duri e puri”, se non i disfattisti!) qualcosa vorrà dire, per cui il monito implicito nella lettera lo interpretiamo non come una critica a scelte compiute, ma come appunto un monito a non scendere a compromessi inconciliabili con i nostri valori.
    Possiamo infine aggiungere che proprio l’apertura totale di questo Movimento (che tra l’altro è ancora numericamente piccolo) lo rende “contendibile” da parte di chiunque voglia orientarlo in un senso o nell’altro: non abbiamo altra scelta infatti che seguire l’orientamento dei nostri iscritti, mediando tra le spinte spesso diverse che ne emergono. Finora, miracolosamente, ciò non ha portato a grandi fratture, anche perché chi si avvicina a MRS ha letto e (si presume) condiviso il nostro Manifesto fondativo. Per cui, detto in positivo, solo l’ingresso nel Movimento – da parte di chi ha a cuore la nostra fedeltà ai grandi valori ricordati sopra – è garanzia che la “linea” di MRS si avvicini sempre di più a quella “sinistra ideale” che abbiamo immaginato, e che ci sforziamo di disegnare ogni giorno con la pazienza e l’impegno di ogni nostro compagno.

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