di CINZIA ABRAMO –
Su molte donne continua a gravare una parte sproporzionata degli oneri associati alla cura dei figli e di altre persone a carico; il persistere degli stereotipi ostacola la condivisione delle responsabilità familiari e domestiche fra donne e uomini e impedisce la realizzazione della parità nel mercato del lavoro; gli stereotipi continuano a esistere a tutti i livelli della società e in tutte le fasce d’età, influenzando la nostra percezione degli altri attraverso preconcetti semplicistici basati su norme, prassi e credenze derivanti dal contesto sociale, che spesso trovano fondamento e sostegno negli elementi culturali e religiosi e che rispecchiano e perpetuano i rapporti di forza soggiacenti; i ruoli e gli stereotipi tradizionali associati al genere continuano a esercitare una forte influenza sulla suddivisione dei ruoli tra donne e uomini in casa, sul lavoro e nella società in generale; le donne sono rappresentate come coloro che si occupano della casa e dei figli mentre gli uomini sono considerati i responsabili del sostentamento e della protezione della famiglia; gli stereotipi di genere tendono a perpetuare lo status quo degli ostacoli ereditati dal passato che impediscono di raggiungere la parità di genere e a limitare il ventaglio di scelte occupazionali e lo sviluppo personale delle donne, impedendo loro di realizzare appieno il proprio potenziale in quanto individui e attori economici, e rappresentano pertanto forti ostacoli al conseguimento della parità tra donne e uomini.
Nei mezzi di informazione, nella comunicazione e nella pubblicità la discriminazione di genere continua a essere diffusa e favorisce la trasmissione degli stereotipi di genere, in particolare rappresentando le donne come oggetti sessuali a fini di promozione commerciale; che, ad esempio, il 27% dei lavoratori o dei professionisti che compaiono nelle pubblicità sono donne, ma di queste il 60% è rappresentato nell’atto di svolgere attività domestiche o di prendersi cura dei figli; i bambini entrano in contatto con gli stereotipi di genere molto precocemente attraverso i modelli promossi da serie e programmi televisivi, dibattiti, giochi, videogiochi e pubblicità, materiali didattici e programmi di istruzione nonché atteggiamenti osservati a scuola, in famiglia e nella società, che influenzano la loro percezione del modo in cui dovrebbero comportarsi gli uomini e le donne, con ripercussioni sul resto della loro vita e sulle loro aspirazioni future. Le modalità di raffigurazione delle ragazze nello spazio pubblico riducono la stima di cui godono all’interno della società e promuovono la violenza contro di esse; sebbene i mezzi di informazione possano svolgere un ruolo educativo positivo, essi propongono diffusamente stereotipi sulle bambine – anche attraverso la pubblicità e i programmi per bambini – e spesso tendono a consolidare gli atteggiamenti e i comportamenti tradizionali.
Gli stereotipi sessisti sono veicolati sia dagli insegnanti (volontariamente o meno) sia dai materiali di supporto didattico forniti agli insegnanti; l’accesso all’istruzione formale primaria, secondaria e superiore e il contenuto del programma scolastico impartito a ragazze e ragazzi sono fattori determinanti che influiscono sulle differenze di genere e, di conseguenza, sulle scelte e sull’accesso ai diritti; sebbene l’accesso di ragazze e ragazzi all’istruzione possa generalmente sembrare meno problematico nell’UE che in altre parti del mondo, occorre tuttavia sottolineare che non vi è parità tra i sessi in fatto di accesso e di piena fruizione dei sistemi scolastici e delle opportunità di studio; in particolare, in alcuni paesi continua a essere fortemente problematico l’accesso delle ragazze appartenenti a gruppi minoritari, come le ragazze della comunità Rom e quelle migranti, richiedenti asilo, rifugiate e con disabilità; la nozione di uguaglianza può essere instillata nei bambini sin dalla più tenera età e un’educazione basata sul riconoscimento della parità può insegnare loro a lottare contro gli stereotipi di genere.