di DAVIDE SPONTON –
«Si definisce sovranismo l’opposizione al trasferimento di poteri e competenze dallo Stato nazionale a un livello superiore, sovranazionale o internazionale, processo visto come fattore di indebolimento e frammentazione della propria identità storica, di declino e svuotamento del principio democratico, che stabilisce un nesso di rappresentanza diretta fra i cittadini e i decisori politici. Sebbene spesso confuso col nazionalismo di stile novecentesco, il concetto di sovranismo va tenuto distinto da quest’ultimo, in quanto si limita semplicemente a rivendicare l’importanza della sovranità politica ed economica di uno stato, senza alcun riferimento ai concetti di razza né a una presunta superiorità di una nazione su un’altra» (Wikipedia, voce sovranismo).
Sarebbe poi da rimarcare come l’Unione Europea (parole del supremo vate Romano Prodi) abbia imposto all’Italia determinate politiche economiche di tipo neoliberista. Imposizione ben accetta dalle classi dirigenti italiane più legate al capitalismo finanziario internazionale, che attraverso la giustificazione del “lo chiede l’Europa” hanno gestito il massacro sociale degli ultimi trent’anni. Utilizzando quelle forze politiche della sinistra disorientate sia dal crollo del blocco sovietico che dalla crisi delle tradizionali politiche riformiste di sicurezza sociale e redistribuzione del reddito, hanno trovato nel cosiddetto europeismo il loro nuovo faro ideologico.
I due capisaldi ideologici di questo nuovo centrosinistra non solo italiano sono stati il liberismo in economia ed il dirittocivilismo individualista in campo politico-culturale. Ma questa nuova dotazione ideologica è ormai in crisi; e per rifiutare il sovranismo democratico ora consegneranno l’Italia al nazionalismo xenofobo.
Occorre dunque comprendere che l’adozione del sovranismo democratico, che sappia unire i vari soggetti dispersi delle classi subalterne, è la chiave di comprensione del nuovo terreno su cui poggia la moderna lotta di classe. Si può essere forza politica dello “zero virgola qualcosa”, ma è ben diverso essere “zero virgola” da parte di forze come Rifondazione, che hanno dissipato in maniera dissennata il proprio patrimonio elettorale e di militanza, ed essere “zero virgola” da parte di forze che tentano in assoluto isolamento di ricostruire un’alternativa socialista su basi ideologicamente rinnovate.
La sfida del socialismo del XXI secolo deve passare per questo nodo. O lo scioglie e avrà una prospettiva. O rimane, magari imprecando, dentro il vecchio brodo politico e culturale degli ultimi trent’anni e si condanna a rimanere residuale.