di LEONARDO MARZORATI –
Il mondo ha delle nuove superpotenze, che hanno come primo fine l’incremento degli utili. Sono le multinazionali, società private dove una piccola élite guadagna grazie a una moltitudine di lavoratori e, soprattutto, grazie a miliardi di consumatori. Le multinazionali oggi sono più potenti dei singoli stati. La decisione di ArcelorMittal di lasciare l’impianto di Taranto dopo aver vinto una gara lo dimostra. L’allora ministro Carlo Calenda preferì la ricca multinazionale franco-indiana alla cordata a trazione italiana. ArcelorMittal offrì di più, ma probabilmente per togliere l’Ilva di Taranto alla concorrenza. È difficile contrapporsi a queste nuove superpotenze e per farlo occorre uno Stato forte. Un forte Stato socialista può fare da argine allo strapotere di questi capitalisti cosmopoliti. Occorre uno stato forte che sappia dare lavoro ai suoi cittadini e, con la valorizzazione dei migliori studiosi e amministratori, che sappia salvaguardare l’ambiente al tempo stesso. I migliori scienziati e i migliori dirigenti devono avere le competenze e i mezzi per garantire lavoro e salute. Si tratta di un’impresa ostica, ma un forte Stato socialista, se vuol essere credibile e avere il consenso del suo popolo, deve intraprenderla.
Chiedere uno Stato forte non deve significare un ritorno al nazionalismo, cosa che purtroppo la politica italiana sta vivendo. Stato forte socialista è la prima fase indicata da Karl Marx. Prima dell’abbattimento dello Stato e il raggiungimento del comunismo, la fase socialista deve prevedere un organo centrale che controlli la produzione. Non un ritorno al socialismo reale, ma un socialismo democratico che sarà comunque costretto a reprimere i tentativi delle multinazionali di fare utili nel Paese. La questione è delicata, ma va affrontata, cercando di non cadere in un anarchismo controproducente o di intraprendere spirali autoritarie. Uno Stato socialista si dovrà scontrare con queste superpotenze che sono le multinazionali. Per questo l’intero continente europeo o buona parte di esso deve raggiungere il socialismo. In Sud America, nel silenzio di certe presunte “sinistre”, governi socialisti vengono spazzati via da golpe guidati da élite che non vivono nel Paese in questione. Non è un mistero che diverse multinazionali abbiano brindato, in compagnia dell’amministrazione Trump, alla cacciata del presidente della Bolivia Evo Morales. Anche uno Stato socialista europeo rischierebbe attacchi simili. Lo capì quasi 50 anni fa Enrico Berlinguer. I poteri esterni, un tempo di matrice atlantica, oggi pienamente cosmopoliti, cercano sempre di rendere instabili Paesi indipendenti governati da forze socialiste e comuniste.
L’evoluzione delle tecnologie rafforzerà ulteriormente i colossi big tech (Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft) che ora guardano al credito, alle criptovalute, ai pagamenti digitali. Vecchie élite, come le banche, vengono aggredite da nuove élite, come le big tech. Questo non deve portare i socialcomunisti ad allearsi con i vecchi poteri capitalisti. Il nemico del nostro nemico non è automaticamente nostro amico. Le forze socialiste e comuniste fanno bene ad attaccare politici come Salvini o Meloni, che rafforzano il consenso mettendo una parte di popolo contro altre parti di popolo. Nemici ben più potenti e difficili da affrontare sono questi sovrastati privati. Dalle tlc alla siderurgia, dalla meccanica alla farmaceutica, le multinazionali non amano nessun Paese. Vanno e vengono a seconda di come conviene loro. Cercano di adeguarsi al Paese in cui si trovano, per cui i dipendenti di Amazon norvegesi avranno trattamenti diversi rispetto a quelli nigeriani. Ma Amazon tenderà a uniformare lo sfruttamento per aumentare gli utili. Succhiano sangue da un Paese, indifferenti del fatto che i suoi cittadini sono anche loro clienti. L’assuefazione da consumismo ha reso troppi cittadini dipendenti dai loro prodotti.
Essere socialisti e comunisti comporta una lotta decisa a questi prepotenti cosmopoliti. Contro di loro dobbiamo sventolare con orgoglio il Tricolore. È una bandiera nobile, simbolo dei due miti fondatori della nostra Italia: Risorgimento e Resistenza. Il primo, seppur a trazione borghese, vide il popolo in strada fare le barricate e pagare un grande tributo di sangue, come a Milano contro gli austriaci nelle 5 Giornate del 1848. La seconda ha unito uomini e donne da Nord a Sud, per combattere contro fascismo e occupazione tedesca. Anche a sinistra si sente parlare di Stato forte e di ritorno alle nazionalizzazioni. Difficile guidare un Paese mentre si è sotto lo scacco di poteri esterni (dalle multinazionali, alla Nato, alla UE); difficile è la lotta politica per il socialismo. Il nostro ideale ci impone questa battaglia. Se sarà vinta, il popolo italiano avrà più diritti e dignità. Altrimenti resteremo ostaggi di un capitalismo globale che non guarda in faccia a nessuno.
Le persone sono vittime e sostenitori inconsapevoli di questo contesto. Ci si culla fin dalla nascita nell’idea di poter essere dalla parte di quei pochi che avranno tutto (a scapito dei tanti). Quei pochi che sono furbi e da ammirare per l’immagine che viene rimandata dalla società……e chi non vuole vedersi così nella vita? Bisogna che tutti si facciano un bagno di realismo ed umiltà: quei pochi sono nel 99.9% degli inarrivabili superman (portatori però di devastazione). Sfruttano la “creduloneria” dei più, in nome del “sogno americano”, che pensano di avere aperte tutte le possibilità della vita mentre invece così si chiudono le strade ormai anche per la mera sopravvivenza.