di LEONARDO MARZORATI –
La nostra Italia ha due miti fondatori: il Risorgimento e la Resistenza. Il primo è stato un evento che ha riguardato soprattutto la borghesia, anche se nelle barricate delle Cinque Giornate di Milano, nella Repubblica di San Marco guidata da Daniele Manin e nella Seconda Repubblica Romana i ceti popolari hanno avuto un fondamentale ruolo attivo. La Resistenza ha visto la partecipazione di tutti gli strati sociali e di tutte le fazioni politiche antifasciste.
Dal Risorgimento e dalla Resistenza si può trovare una sintesi nel Patriottismo Socialista. L’ideale socialista può essere coniugato a quello patriottico. Come scrisse il professor Ernesto Galli Della Loggia nei suoi dieci punti da cui la sinistra dovrebbe ripartire, il fronte socialista italiano dovrebbe essere orientato in senso comunitario, multietnico e internazionalista, ma non multiculturale e cosmopolita.
L’identità italiana esiste. L’Italia è un Paese europeo sì, ma anche mediterraneo. Il nostro Stato unitario ha poco più di un secolo e mezzo di vita, ma la nostra Penisola è stata divisa, dalla caduta dell’Impero Romano in poi, da una moltitudine di regni avversi tra di loro. Il regionalismo e il provincialismo italiano non hanno pari in nessun altro Paese dell’Europa Mediterranea, nemmeno nella Spagna delle Comunità Autonome. Ostrogoti, Longobardi, Arabi, Bizantini, Normanni, Francesi, Spagnoli e Austriaci, sono solo alcuni dei tanti popoli che hanno occupato territori ora italiani, contribuendo a mutarne la cultura. Da questo crogiolo di popoli deriva l’identità italiana, con tutte le sue sfaccettature che vanno dalla Sicilia al Trentino Alto Adige. Questa identità culturale, a sua volta divisibile in tante “sottoculture”, va difesa e inculcata a partire dalla scuola, luogo sempre più frequentato da figli di immigrati.
La nostra Nazione sarà sempre più eterogenea dal punto di vista etnico, ma questo non deve portare a un abbandono dei valori culturali che collegano la Lega Lombarda, le Repubbliche Marinare, le lotte intestine tra guelfi e ghibellini, il pensiero di Francesco Guicciardini e Niccolò Machiavelli, la rivolta di Masaniello e gli scambi commerciali nel Mediterraneo dei mercanti veneziani e genovesi. L’Italia è il Paese della creatività, dell’innovazione, dell’arte, come pure dello spirito rivoluzionario dei romagnoli, dell’estroversione dei napoletani, della parsimonia ligure e delle rivalità storiche tra Livorno e Pisa o tra Bergamo e Brescia. Noi attuali italiani siamo pronipoti di Dante Alighieri, di Leonardo Da Vinci e di Galileo Galilei. Per questo i socialisti devono sventolare con orgoglio sia la bandiera rossa, sia quella tricolore.
Se la scuola deve tornare a forgiare italiani, spetta ai militanti socialisti indottrinare il popolo alla lotta di classe. La scuola deve contribuire a dare un’istruzione civica che riunisca sotto il tricolore tutti i suoi studenti. Un’istruzione nazionale fortemente incentrata sui valori patriottici può contribuire a debellare il razzismo e le discriminazioni verso i residenti dai diversi tratti somatici. Per le generazioni adulte – basti pensare ai picchiatori razzisti che inquinano le nostre città – occorrerebbero lavaggi del cervello degni della Cina maoista; ma per i più giovani la scuola può ancora fare molto: rendere orgogliosi di essere Italiani ragazzi e ragazze dalla pelle scura o dagli occhi a mandorla. L’Italia sarà più forte se le future generazioni la sentiranno più propria.
A noi socialisti e comunisti tocca un compito ancora più complesso: preparare i ceti popolari al conflitto di classe. C’è molto da lavorare. I lavoratori ingannati dalla propaganda reazionaria dei vari Salvini e Meloni vanno portati sulla strada della lotta di classe: a loro va spiegato che i veri nemici da combattere non sono i migranti o le Ong che li aiutano a sbarcare dal Nord Africa, ma la nuova grande borghesia mondiale, rappresentata dalle multinazionali che trasformano il capitale umano in tanti numeri intercambiabili. I lavoratori fedeli ai partiti di sinistra venduti al liberismo vanno fatti tornare alla lotta contro l’ordocapitalismo che i loro rappresentati politici hanno sposato, ottenendo voti grazie alle concessioni dei diritti civili e alla loro presentabilità, contrapposta all’impresentabilità dei politici “razzisti e fascisti” delle destre.
La sfida è ostica, ma è fondamentale concentrarsi su entrambe le linee. Il patriottismo è stato strumentalizzato dalle destre, spesso post-fasciste o ancora fasciste (e quindi anti-italiane, visti i tradimenti del regime di Mussolini all’Italia) e trasformato quindi in bieco sciovinismo. Questa strumentalizzazione (e la retorica antinazionale che ha colpito la sinistra con le degenerazioni post-sessantottine) ha finito per portare troppi progressisti e antifascisti su posizioni di anti-patriottismo, dimenticando le grandi lotte patriottiche degli Arditi del Popolo contro il fascismo.
Cari compagni, torniamo a sventolare con orgoglio il Tricolore Italiano e la Bandiera Rossa. Per un Socialismo Patriottico che ci ponga a degni eredi degli Eroi che contribuirono a unificare il nostro Paese nel XIX secolo e a sconfiggere il nazifascismo durante la Seconda Guerra Mondiale.