Manifesto del liberalsocialismo – paragrafo 8

8. Questo aspetto più universalmente liberale dell’ordinamento dello Stato è un necessario momento comune di ogni partito e di ogni educazione, e non è quindi subordinato al principio della maggioranza. Chiunque sia convinto, nella sua coscienza morale, del principio che impone di non costringere l’altrui volontà, ha per ciò stesso acquisito anche il diritto di adoperare la forza in tutti i casi in cui occorra instaurare a difendere il principio che le leggi devono basarsi solo sul consenso popolare. Ed ha per ciò stesso acquistato il diritto di usare la forza in tutti quei casi in cui non solo la libera formazione delle leggi attraverso il consenso, ma la stessa libera formazione del consenso e del dissenso attraverso il gioco della pubblica opinione (in cui ciascuno deve contare solo per l’autorità della propria intelligenza, esperienza ed onestà individuale) appaia infirmata o gravemente ostacolata dal prepotere acquisito di certe posizioni finanziarie o politiche. Qui, nella fase di instaurazione costituzionale, ha luogo il diritto della forza, così come, a costituzione instaurata, deve aver luogo la ben regolata forza di un diritto che, attraverso il combinato intervento della Corte Costituzionale e della magistratura ordinaria, colpisca severamente, soprattutto mediante l’espropriazione del mezzo finanziario, chi di tale mezzo si sia avvalso per comprare le opinioni altrui.

È infatti evidente che il processo di instaurazione del nuovo stato non potrà non interferire con le colossali posizioni monopolistiche che si sono venute sviluppando sui privilegi di carattere politico. Esse, unite in naturale alleanza, costituiranno un complesso di forze tali da gravare in modo talvolta decisivo sull’opinione e sugli orientamenti politici del paese. D’altra parte, l’eliminazione di quei privilegi di natura politica che ne hanno provocato e favorito lo sviluppo, metterà in forse la loro stessa esistenza. Potrà quindi rendersi necessario adottare misure eccezionali per fronteggiare la situazione eccezionale. In alcuni casi potrà essere sufficiente l’assunzione del controllo da parte dello stato, in altri l’esproprio. In seguito, quando non si tratti di istituti di vitale interesse sociale (grandi banche, società di assicurazioni, grandi imprese industriali, ecc.) che sono già virtualmente statizzati, limitandosi in essi l’iniziativa privata a riscuotere le cedole azionarie, le imprese potranno di nuovo essere affidate alla responsabilità privata, e si favorirà e promuoverà in tutti i modi la costituzione, a tale scopo, di cooperative tra impiegati e gli operai.

I provvedimenti di carattere economico, prospettati in modo che la loro adozione s’imponga come necessità rivoluzionaria già nella fase di instaurazione del nuovo stato, resteranno comunque limitati essenzialmente a quella sfera in cui essi appaiono effettivamente richiesti per l’intrinseca possibilità di funzionamento della democrazia e della libertà. Tale funzionamento deve infatti essere la matrice di tutte le ulteriori riforme nel campo più specificamente sociale. A questo proposito si è già detto che, se il liberalsocialismo respinge l’astratta tesi marxista secondo cui l’uguaglianza giuridica del liberalismo è uguaglianza vuota e soltanto l’uguaglianza economica del socialismo è l’uguaglianza piena (non ritenendo affatto “vuota” , per esempio, l’eguaglianza che si è ottenuta con l’abolizione della schiavitù e della servitù della gleba), esso non cade tuttavia nell’errore opposto, di considerare quella prima conquista egualitaria, di carattere giuridico, come sufficiente a sé stessa. Lavorando per l’ideale della maggior possibile eguaglianza delle fortune, il liberalsocialismo mira infatti a che gli uomini, nel più largo numero e nel modo più profondo e complesso, partecipino con il loro vario sviluppo alla civiltà comune. Ma appunto per ciò il liberalsocialismo vuole che le riforme sociali non piovano dall’alto, ma siano figlie della democrazia e delle libertà. Simili riforme costituiscono sempre, in maggiore o minor misura, una novità storica, rispetto alla quale la sussistenza di una maggioranza ad esse favorevole rappresenta da un lato la prima garanzia critica di plausibilità, e dall’altro un’assicurazione circa l’effettiva buona disposizione dei cittadini a recarle in atto e farle prosperare. Quanto perciò, al di là del contenuto più strettamente liberale dell’ordinamento, sarà nel nuovo Stato istituzione di ulteriori doveri e norme, nel senso di una sempre più profonda realizzazione degli ideali sociali, dovrà normalmente acquistare forza di legge solo attraverso il consenso della maggioranza. Il principio fondamentale di tutte le riforme sociali che il liberalsocialismo intenderà proporre come partito, sarà quindi quello stesso principio la cui osservanza esso esige anche da ogni altro partito. Ogni legge dovrà essere votata da una libera maggioranza; ogni riforma sociale dovrà essere attuata attraverso l’esercizio legale della libertà, e rispondere allo spirito della libertà.

(segue)

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