Rino Gaetano la “pacificazione” impossibile

di GENNARO ANNOSCIA –

Uno dei più grandi limiti del sapere del nostro tempo consiste nella volontà di decontestualizzare, ossia di destoricizzare ogni evento o fenomeno storico e culturale, nella ricerca di una “pacificazione” che, in realtà, altro non è che una omologazione; è per tale ragione che, contrariamente a molti, ritengo giusto che “Fratelli d’Italia” mantenga nel proprio simbolo la fiamma tricolore, in quanto emblema identitario, ma, in pari tempo, mi fa davvero male sentire risuonare nel carrozzone patriottardo le note delle canzoni di Rino Gaetano.

Rino non era, come alcuni forse ancora credono, un cantore della superficialità, bensì un acutissimo osservatore della realtà del proprio tempo; basterebbe pensare, in modo paradigmatico, proprio a quella “Berta filava”, lettura in chiave critica dell’azione intrapresa da Moro nella costruzione del cosiddetto “compromesso storico”, tipica del “Movimento del ’77” di cui Rino era parte, anche se espressione di una sinistra alternativa e creativa, e proprio per questo antisistema, o al suo cantare delle stragi di Stato il cui braccio armato erano proprio i neofascisti.

In quanto ai “Fratelli d’Italia” del Risorgimento, quelli erano giovani che morivano per la propria Patria, ma anche per quella altrui, basterebbe semplicemente pensare a Lord Byron e Santorre di Santa Rosa. È per tale ragione che – oggi più che mai – non sarebbe male se ognuno tenesse alti i propri valori e riferimenti, senza alcuna speranza di omologante pacificazione.

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