di Car Scar –
Nel PD è il momento dell’umiltà e della penitenza. Il nostro borioso e aggressivo premier si è fatto buonista e nel commentare il successo dei 5stelle, è arrivato persino a dire che non si tratta di un voto di protesta ma di un voto per il cambiamento. Che il giorno dopo le elezioni bisogna lavorare per gli italiani: prima delle divisioni ci sono i valori. Che il Governo aiuterà i Sindaci a fare il bene dei propri concittadini, eccetera eccetera. Vedrete se non si farà convincere a cambiare la legge elettorale passando dal voto di lista a quello di coalizione. L’esperienza di Milano, dove i “compagni” hanno aiutato il PD a vincere, insegna. Saranno pure “compagni” ma a Renzi che gli frega se questo serve per restare in sella. Allora meglio la coalizione della lista, visto che con quest’ultima al ballottaggio rischia di consegnare il governo ai pentastellati aiutati dal blocco leghista/forzitaliota.
Ettore Rosato (presidente del gruppo parlamentare del PD alla Camera) afferma: i nostri assetti interessano pochissimo i nostri elettori, dobbiamo invece preoccuparci in modo più intenso del rapporto con la gente, con i loro problemi e il loro quotidiano. Ma lo stesso Rosato, dando l’impressione di essersi pentito della precedente affermazione dice: io vedo un difetto nella nostra azione. Spesso ci siamo vergognati (capito il senso? Vergognati) di mostrare con forza il valore delle riforme approvate, vale per esempio per l’abolizione della Tasi, gli 80 euro o il Jobs Act. E questo è stato un errore che non può essere imputato a Renzi.
Chiamparino ( per due volte sindaco di Torino, ex presidente della Compagnia San Paolo e attuale governatore del Piemonte ) dice: il PD è percepito solo come uno strumento per la gestione del potere (da quale pulpito!) e che funziona fino a quando il potere c’è; per tante persone non siamo più un partito che si fa carico dei problemi e dei bisogni delle persone per poi trasformarle in soluzioni. Il sinistro Cuperlo ci prende: se nelle periferie dove c’é più sofferenza siamo vissuti come marziani o, peggio, come nemici, vuol dire che si è perso il legame con un pezzo del Paese. Quando a milioni faticano a fare la spesa o rinunciano a curarsi comprando solo i farmaci essenziali ( ma chi ha voluto i tagli alla sanità?) cambia il loro sguardo sulla vita. Non gli basta un bonus o il taglio dell’IMU. Hanno bisogni più radicali che tengono insieme anima e corpo ( altroché le metafore di Bersani con i suoi tacchini sui tetti!). Al Premier diremo che il voto impone un cambio di rotta nel merito delle scelte. Dobbiamo dire che un manovale non può salire su un’impalcatura quando non ce la fa più (ma dov’eri Cuperlo quando il PD sosteneva la riforma Fornero delle pensioni?). E che un giovane deve disporre di un reddito e di una base previdenziale che non lo condanni. Serve che la lotta alla diseguaglianza torni a farsi bussola della sinistra…
Sinistra? Quale sinistra? Ci sono o ci fanno Cuperlo, Bersani, Speranza, Gotor e compagnia cantante? Per me ci fanno. Chiedono addirittura a Renzi di cambiare linea. Come giustamente scrive Ilvo Diamanti sul bollettino nazionale del PD, la scelta di un partito ( al servizio delle lobby, delle banche, delle multinazionali e della Bce) è irreversibile. Ha reciso le radici, ha perso l’identità e rinnegato la storia (quale? Diamanti non lo dice, la storia ulivista o quella della “blanda” sinistra italiana?). Il più sincero sembra essere il povero Fassino, che in piena crisi di sconforto e amareggiato come non mai dice di avere lavorato 16 ore al giorno per 5 anni versando sangue. Evidentemente non è bastato.
“Il nostro borioso e aggressivo premier si è fatto buonista e nel commentare il successo dei 5stelle, è arrivato persino a dire che non si tratta di un voto di protesta ma di un voto per il cambiamento.” … Ah, cosa non direbbe renzi pur di non mollare la poltrona … in analoghissime circostanze sia Veltroni che D’Alema si dimisero!