Bye-bye welfare! A Chiaruccia (Fano) qualcosa doveva esser fatto. La logica del “contentino” paga sempre perché gli affamati si accontentano delle briciole: una bella clinica privata per metà convenzionata. Nessuna sorpresa, tutto già scritto. Mr. Sansavini, il guru della sanità privata “from Cotignola”, rappresenta una garanzia di qualità. Il “re” delle cliniche private è rassicurante. L’intento è quello di «arricchire il sistema sanitario locale con servizi di alta specializzazione per fermare l’altissima mobilità passiva». Filantropia pura… Peccato non si fermi qui: «Noi vogliamo lavorare con le assicurazioni e quindi dare una risposta ad un target alto della popolazione… Questa è una grande opportunità per la città» (sic). Per qualcuno sarà sicuramente una grande opportunità ma non certo per Fano, che rinuncia all’ospedale cittadino già depotenziato a favore di quello “provinciale” o meglio pesarese di Muraglia; non certo per i cittadini della vallata del Metauro che facevano riferimento alle macerie del S. Croce. Le oasi nel deserto sono quasi sempre un miraggio. La gestione delle emergenze non compete il privato e la logica privatistica è quella del profitto, pertanto è irrazionale persino pensare che esso rappresenti un risparmio per le casse dello Stato. Si torna indietro.
Questo è un mirabile esempio di politiche regressive finalizzate ad abbattere il modello universalistico della sanità istituito nel 1978. Nessuna demonizzazione del privato come opzione complementare al sistema sanitario nazionale; purtroppo la gestione aziendalistica della sanità ha spalancato le porte al privato accreditato strutturale, dando vita ad una quantomeno discutibile commistione di pubblico, privato e politica. Il diritto alla salute rischia di non essere più un diritto di cittadinanza ma di tornare ad essere collegato alla condizione retributiva. Non è un caso che alcune emittenti private abbiano recentemente iniziato a pubblicizzare piani di assistenza sanitaria integrativa.
Dietrologia? A parlare sono i fatti: la legge di stabilità del 2016 (governo Renzi) detassa le spese dell’azienda che assicura ai suoi dipendenti, previa contrattazione, l’assistenza mutualistica integrativa. Tutto in linea con il governo Berlusconi ed il libro bianco di Sacconi secondo cui non è pensabile dar tutto a tutti e pertanto è “cosa buona e giusta” che il sistema sanitario nazionale si prenda in carico solo coloro che non possono permettersi assicurazioni integrative e mutue. A livello locale si chiudono ospedali ma si apre al privato convenzionato e in nome della spending review si “razionalizza” costruendo nuove strutture con soldi che non ci sono, appellandosi a modalità di finanziamento che rappresentano l’ennesimo regalo ai privati.
Cosa fare concretamente per opporsi a questa deriva resta un mistero. Chiunque ci abbia provato, investendo tempo ed energie, ha fin qui fallito. Un fallimento relativo, tuttavia, perché la negazione dell’esistente rappresenta comunque un universo di possibilità irrealizzate che vanno declinate e perseguite.
Valentina Pennacchini (Circolo Polverari – MRS Fano)