In memoria di Carlo Rosselli (nell’80° anniversario del suo assassinio)

Intanto, chi sono. Sono un socialista. Un socialista che, malgrado sia stato dichiarato morto da un pezzo, sente ancora il sangue circolare nelle arterie e affluire al cervello. Un socialista giovane, di una marca nuova e pericolosa, che ha studiato, sofferto, meditato e qualcosa capito della storia italiana lontana e vicina. E precisamente ha capito:

1) che il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale, e in secondo luogo trasformazione materiale;

2) che, come tale, si attua sin da oggi nelle coscienze dei migliori, senza bisogno di aspettare il “sole dell’avvenire”;

3) che tra socialismo e marxismo non vi è parentela necessaria;

4) che socialismo senza democrazia è come volere la botte piena (uomini, non servi; coscienze, non numeri; produttori, non prodotti) e la moglie ubriaca (dittatura);

5) che il socialismo, in quanto alfiere dinamico della classe più numerosa, misera, oppressa, è l’erede del liberalismo;

6) che la libertà, presupposto della vita morale così del singolo come delle collettività, è il più efficace mezzo e l’ultimo fine del socialismo;

7)che la socializzazione è un mezzo, sia pure importantissimo; perché il fine è la liberazione degli individui;

8) che lo spauracchio della rivoluzione sociale violenta spaventa ormai solo i passerotti e gli esercenti, e mena acqua al mulino reazionario;

9) che il socialismo non si decreta dall’alto, ma si costruisce tutti i giorni dal basso, nelle coscienze, nei sindacati, nella cultura;

10) che ha bisogno di idee poche e chiare, di gente nuova, di amore ai problemi concreti;

11) che il nuovo movimento socialista italiano non dovrà esser frutto di appiccicature di partiti e partitelli ormai sepolti, ma organismo nuovo dai piedi al capo, sintesi federativa di tutte le forze che si battono per la causa della libertà e del lavoro;

12) che è assurdo imporre a così gigantesco moto di masse un’unica filosofia, un unico schema, una sola divisa intellettuale».

(Carlo Rosselli)

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