Le classi… classiste della Buona Scuola (ovvero gli incredibili spot contenuti nei RAV voluti dal Ministero)

di VALENTINA PENNACCHINI

La Buona scuola è quella senza stranieri, senza disabili e senza poveri: parola di RAV. A scriverlo a chiare lettere, nel “Rapporto di Autovalutazione”, sono alcuni tra i licei di “eccellenza” del nostro Paese. Tutto pubblicato sul portale “Scuola in chiaro”, perché deve esser chiaro che la scuola è tornata classista come 50 anni fa (forse lo è sempre stata) ed anche un po’ razzista ma è cosa buona e giusta che le famiglie ne siano adeguatamente informate al momento delle iscrizioni.

Dal RAV del Liceo Visconti di Roma: «Le famiglie che scelgono il liceo sono di estrazione medio-alto borghese, per lo più residenti in centro. Tutti tranne un paio sono di cittadinanza italiana e nessuno è diversamente abile. Tutto ciò favorisce il processo di apprendimento». Di fronte alla poggia di critiche la dirigente si difende sostenendo che il RAV non contiene alcun giudizio di merito o di valore ma una serie di dati oggettivi. Le deve esser sfuggita l’ultima frase… (l’apprendimento è favorito dall’assenza di poveri, stranieri e disabili).

Ma c’è chi ha saputo far meglio. Liceo D’Oria (Genova): «Il contesto socio-economico e culturale complessivamente medio-alto e l’assenza di gruppi di studenti con caratteristiche particolari (come ad esempio nomadi o studenti di zone particolarmente disagiate) costituiscono un background favorevole alla collaborazione e al dialogo tra scuola e famiglia». Tradotto: meglio parlare tra simili.

Il “Giuliana Falconieri” (Roma, Parioli) – scuola parificata, che però di soldi pubblici ne prende comunque – supera tutti. Dopo aver celebrato l’omogeneità sociale medio-alta della sua utenza ed aver ribadito che ciò facilita l’interazione aggiunge: «Negli anni sono stati iscritti figli di portieri e/o custodi di edifici del quartiere. Data la prevalenza quasi esclusiva di studenti provenienti da famiglie benestanti, la presenza seppur minima di alunni provenienti da famiglie di portieri e/o custodi comporta difficoltà di convivenza dati gli stili di vita molto diversi». Chiaro no? Come si permettono di voler far il medico i figli dei portieri! (sic).

La Fedeli chiede un monitoraggio all’Invalsi e promette provvedimenti. La Ministra non ammetterà mai che queste non son altro che le tragiche conseguenze di un progetto di scuola portato avanti – da lei e da altri prima di lei – con tenacia e cieca convinzione in barba a tutto e tutti. E’ la deriva dell’idea di scuola democratica ed inclusiva, per la quale una generazione si è battuta, verso la scuola-azienda in cui certi presidi manager (e pure una parte del corpo docente visto che il RAV non è opera del singolo dirigente), alla spasmodica ricerca di clienti e dopo attente analisi di mercato, cercano di vendere il prodotto scolastico tornando con orgoglio al passato, cioè ad una scuola classista e razzista.

Cinquant’anni dopo don Milani poco è cambiato. In un Paese in cui l’egemonia culturale è da tempo immemore in mano alle destre, il rigurgito razzista e classista non risparmia nessuno, nemmeno la scuola che più di qualunque altra istituzione dovrebbe contribuire ad attuare quell’art. 3 della Costituzione italiana che dopo 70 anni resta lettera morta.

Cara Ministra, la scuola è per tutti: non per molti e tanto meno per pochi.

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