di VALENTINA PENNACCHINI –
Il 4 marzo ha decretato la fine di un progetto politico morto da tempo e mai sepolto. Non ha perso Renzi, ha perso una narrazione di cui il giovane-vecchio di Rignano è solo l’ultimo tassello. Ad essersi macchiati indelebilmente la “fedina penale” sono stati in molti: quelli che dopo aver subito il sonno della ragione – sempre che la ragione sia stata una loro prerogativa – si son svegliati tardi, quando il punto di non ritorno era stato ampiamente superato, e quelli che hanno svenduto una linea politica alternativa in vista di una poltrona che a posteriori non è arrivata.
Il 3,3% di Liberi e Uguali è impietoso e parla chiaro quanto il 19% del Pd. Stupirsi dell’ultimo atto (forse) di Renzi è una ingenuità. Renzianamente parlando, “muoia Sansone con tutti i filistei”.
Peccato muoia la sinistra che, nell’immaginario collettivo di un popolo forse distratto ma di certo stanco se non stremato, è ancora formata dal Pd e dal Pd2 (la vendetta mai consumata).
I carnefici della sinistra non possono trincerarsi dietro l’1,1 di Potere al Popolo, una lista nata tre mesi fa dopo l’ennesimo suicidio-omicidio di un’ipotesi unitaria della sinistra a posteriori velleitaria e contraddittoria.
Prendiamo atto di esser quattro gatti, un microcosmo litigioso che si contende il 5% dei voti. Bisogna essere realisti… La sinistra ha perso ogni attrattiva. A poco è valso l’impegno di tanti in termini elettorali. L’1,1 per certi versi può essere disarmante eppure è da lì che bisogna costruire perché altro a sinistra non c’è. Il Paese ha chiesto radicalità. Non è una bestemmia, è una priorità. Se la sinistra vuol dire qualcosa, e ha tanto da dire, deve scendere dal Palazzo e tornare tra la gente perché è lì che deve stare.
L’ha ribloggato su Sinistra Newse ha commentato:
Se la #sinistra vuol dire qualcosa, e ha tanto da dire, deve scendere dal Palazzo e tornare tra la gente perché è lì che deve stare.