Manifesto del liberalsocialismo – paragrafo 4

4. Ispirandosi a questa premesse, la civiltà di domani dovrà quindi innovare o creare ex novo tutta una serie di istituti. A questo proposito, bisogna guardarsi sia dal pericolo dell’utopia sia dall’inerte accettazione del fatto compiuto, incline ad attendere dal corso degli eventi storici non solo la soluzione di ogni problema, ma addirittura il criterio di ogni giudizio etico e politico.

Per evitare il duplice pericolo, dell’utopismo astratto che prevede tutto e dello storicismo inerte che non vuol prevedere nulla, bisogna anzitutto ben distinguere, anche nelle dottrine e nei programmi politici, tra quanto è assoluto valore e verità, che non trae norma dall’accadere perché è lo stesso criterio ultimo per giudicare l’accadere e reagire ad esso, e quanto è contingente ideazione e proposta di strumenti atti ad agire sulla realtà per avvicinarla a quegli ideali e a quei valori: strumenti che devono essere studiati ed escogitati e previsti perché non ci si accosti più tardi alla realtà senza idee né programmi, ma la cui più specifica configurazione e adozione e successione deve poi naturalmente adattarsi alle determinate e sempre mutevoli esigenze della situazione storica.

Quanto si è definito circa il contenuto essenziale del liberalsocialismo, in ordine ai supremi valori della giustizia e della libertà, non è cosa che possa comunque mutare con la storia, che la storia possa convalidare od infirmare con le vittorie o con le sconfitte. Quello che in linea di principio si è enunciato a questo proposito, è vero da sempre e sarà vero per sempre, finché ci saranno uomini sulla terra; perché gli uomini possono bene essere giusti o ingiusti, possono anche sopprimere tutti gli uomini giusti, ma se pensano la giustizia non possono pensarla che in quel modo, non possono distorcere il canone della moralità e della civiltà.

Chi quindi si sgomenta di certe sconfitte, e teme che la storia possa con esse insegnare che la giustizia e la libertà non sono quello che sono, e che non è vero che si deve continuare a creder in esse, a testimoniarne e a diffonderne la fede, anche quando si sia rimasti assolutamente soli a farlo, chi teme questo, ha smarrito l’orientamento, e non sa più distinguere i valori dai fatti.

Quel che muta con la storia, e con essa patisce ritardi e sconfitte, è tutto il resto: tutto il mondo delle esperienze, degli istituti, delle conquiste educative e giuridiche, che possono di per sé corrompersi o rivelarsi fragili più di quanto sembrassero, o essere travolti da una soverchiante forza brutale. Su questo mondo passano i carri armati, che non hanno presa sulla giustizia e sulla libertà. E quando essi sono passati, occorre ricostruire quello che è stato distrutto. Ma, anche qui, non si può semplicemente aspettare l’avvenire, per improvvisare poi le decisioni in base ad esso. Bisogna studiare, ideare, proporre, senza temere l’accusa di utopismo o idealismo; e bisogna ideare e proporre quanto più possibile in concreto, come se si fosse già di fronte al bisogno di redigere articoli di legge, perché, per astratta che appaia la considerazione giuridica, la traducibilità in ordinamenti positivi è pure una prova pratica, e molti sogni di riforma mostrano la loro inconsistenza proprio di fronte al tentativo di calarli in norme precise e capaci di funzionare. L’effettiva situazione storica servirà poi da correttivo, farà escludere certi strumenti e ne farà scegliere o modificare altri.

(segue)

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