di FABIO GREGGIO –
Conobbi Dario Fo e Franca Rame quando nel 2006 partecipai alla campagna elettorale di Dario Fo Sindaco di Milano. Mi resi subito conto del circo incredibile che circondava i due artisti, composto da attori, amici, artisti noti o spiantati, segretarie, compagni di politica, imbucati simpatici, saltimbanchi, nullatenenti. Un Circo che si muoveva tutto insieme ad ogni iniziativa dei due grandi artisti. Era chiaro che Dario non avrebbe vinto, le sue proposte erano radicali e rivoluzionarie, rivolte al popolo, come riaprire tutti i navigli e far ridiventare Milano come Amsterdam, come era nei secoli passati. Troppa genialità.
Ricordo la sera di chiusura-campagna al Palalido, con Jannacci e molti altri. Nelle quinte bazzicavo fra questo immenso Circo dove all’improvviso sbucava un Pardi, un Cusani (sì, quello di Mani Pulite, redento e umile), una piccola mandria di clown disturbatori e chiassosi con tromboni e lingue di Menelik…. E la Franca onnipresente con il suo microfono senza fili ed auricolare. Ed è proprio lì che finalmente ebbi a che fare la prima volta. All’improvviso nel buio delle quinte Franca perde l’auricolare.
«Ussignur con quello che costa, ma sarà caduto qui…» E così io, la Franca e Cusani con i cellulari accesi a cercare per terra l’auricolare…
Dopo dieci minuti arriva Ken Livingston, il Rosso, sindaco laburista di Londra. Viene accolto da un baraccone di videocamere, Tv, microfoni con aste lunghe al vento, i clowns che intonano l’Internazionale con i tromboni. Tutto si muove come un monolitico mattone e attorno il vuoto. Sembrava di stare in un film in bianco e nero di Fellini. Conferenza Stampa, foto strappata con Ken che ancora conservo.
Dopo qualche tempo recupero il mio contatto con Dario Fo e gli chiedo un’intervista per la radio olandese Onda Italiana. Mi risponde Franca, la quale mi dice che Di Pietro le proponeva di entrare in IdV. Discutiamo della cosa come se mi conoscesse da sempre, e lei mi esterna le sue paure.
Intervisto Dario, ma qualche giorno prima definiamo al telefono. Risponde sempre Franca che mi dice: «Fabio, stanno arrivando Di Pietro e Orlando; mi invitano a cena per propormi un posto in Parlamento, ma io non sono convinta…».
«Ma perché? Saresti una caterpillar fra quei tomi», dico io.
«Ma chi vuoi che mi voti? Faccio delle figure…».
«Figure??? Ma sei impazzita? Ma tu non hai la percezione di quanto sei amata con Dario, di quanti ti seguano e ti stimano… Secondo me ma sarai eletta con grande margine!», gli rispondo.
«Dici?… Mah…Magari gli dico di sì…. Poi ti dico».
E avvenne che lei diventò davvero Senatrice. Subito dopo voglio intervistarla, fissiamo l’appuntamento al telefono in diretta. Lei sta viaggiando in auto da Roma a Gubbio da suo figlio.
Bella intervista che io monto come video con immagini su Youtube nel canale Liberalaradio, dove già avevamo pubblicato altre interviste a famosi personaggi. Video che gli piacque assai. Lo vide e mi telefonò.
«Fabio, sei bravo a fare video, dobbiamo vederci, vieni a casa mia che ho una montagna di materiale da darti, poi me lo pubblichi».
Il sabato successivo, con mio figlio Edoardo che allora aveva 10 anni, vado a casa dei miei due miti giovanili, Dario e Franca. Palazzone proprio di fronte a Porta Romana. Mi accoglie Dario. Poi arriva Franca e subito ci mettiamo al lavoro per pianificare il travaso di una borsata di inediti e non su un canale Youtube. Anzi due, uno di Dario e uno di Franca.
All’improvviso vengo catapultato nel loro mondo: telefonate, interviste, Tv, teatro, un frenetico vorticosissimo tran tran fatto di ragazze che scrivono, collaborano… Dario dipinge in continuazione…
Seguirono molte altre volte, pomeriggi a parlare con Franca che mi raccontava a puntate la sua vita, di quando era una diva del cinema anni 50 e stava su tutte le copertine dei giornali di gossip di allora, delle proposte di matrimonio di attori famosi, della sua famiglia.
Un’amicizia che si sviluppò attraverso la stima reciproca. Ore al telefono a parlare delle nostre vite, dell’orrore della politica.
Un’amicizia vera fino a dare per scontato di stare a guardare gli stessi programmi in quel momento.
Era normale che mi arrivasse un SMS alle 11 di sera con un commento sarcastico su quanto stava dicendo un ospite nel programma di Santoro, dando per scontato che anche io stessi guardando lo stesso programma.
Franca era così, ed era stanca. Ricordo che spesso mi diceva di fare tutto questo per Dario, perché lui non voleva smettere. E lei era il motore principale di tutto il Circo.
Senza un suo placet niente sarebbe passato al pubblico.
Non un’intervista, un libro, un dipinto, un’opera. Nemmeno una frase.
Un giorno sto lavorando con Franca al computer. Arriva una telefonata, risponde, come sempre, Franca. E lei era una di quelle che rispondono sempre, ma sempre. Perfino all’una di notte… «Di’! Ma Fabio… guarda che ora è, ma guarda che sono bisnonna e c’ho un’età, birichino!”..
Insomma risponde Franca dicevo, dagli USA una proposta di laurea Honoris Causa. «Dario ti propongono una laurea, da ritirare in agosto».
«No, ad agosto la fa caldo, non ci vado! >..
«Dario, è una laurea, e poi in Usa farà caldo come qua…».
«Tzè, dove è?… Vermont? Ma tu sai che caldo fa ad agosto nel Vermont? Gessica, prendi l’atlante che guardiamo dov’è il Vermont!».
«Dario, cazzo! Ma sei andato a Cuba in agosto, cosa faccio gli dico di no?».
«Sì, non ci vado».
«Fabio, 50 anni così…. dico 50 così, ma ti rendi conto?».
E lì c’era tutto l’amore per Dario, la pazienza, il grande filtro dell’altra metà del Nobel.
Capitava che, mentre si lavorava al computer, Dario prendesse sulle ginocchia mio figlio e gli spiegasse la differenza tra quelle maschere birmane appese al soffitto e la maschera di Pulcinella. E gli regalò una copia di Mistero Buffo in cd. Edoardo vide e rivide Mistero Buffo, ridendo come un pazzo. Capita infatti che mia madre, sua nonna, sia di origine veneta, ma da molti decenni abiti a Pavia. Mischiando l’idioma veneto e il lombardo, ne esce un grammelot assolutamente sovrapponibile a quello di Dario in Mistero Buffo. Edoardo ascoltava e imparava a memoria divertito, conoscendo quel curioso idioma di dialetti nord italiani.
Qualche anno dopo Franca mi invitò per le vacanze nella sua bella casa di campagna nell’entroterra di Cesenatico. Io e mio figlio passammo le vacanze nella splendida casa di campagna e ricordo che Dario preparava allora il Boccaccio.
Si ritirava spesso nel gazebo in giardino, con Giselda, la sua stretta collaboratrice, per essere concentrato.
Istruii Edoardo a non disturbare Dario mentre lavorava.
Un giorno cerco Edoardo e non lo trovo.
All’improvviso lo vedo dentro al gazebo con Dario.
Corro e mi scuso.
«Ma no! Papà di Edoardo (mi avrebbe chiamato sempre così, anche ad alta voce quando mi cercava), è qui che mi sta recitando Mistero Buffo, è uno spasso!».
Mio figlio imitava Dario anche nel grammelot dell’avvocato inglese che difende lo stupratore, facendo il verso che sottolinea le zinne della vittima, e Dario divertito che lo ferma e lo corregge:
«No così, Edoardo, dai più enfasi, sporgi il sedere e con le mani sulle mammelle fai così!»…
Crescendo capirà il privilegio di aver potuto considerare alla fine Dario e Franca come due zii simpatici. E di avere ascoltato un Premio Nobel seduto sulle sue ginocchia.
Per alcuni anni Franca mi invitò a trascorrere le ferie a Cesenatico. Vivere con loro fu un’esperienza incantevole. Caldi pomeriggi trascorsi con Franca che raccontava di Sandra Mondaini, Giorgio Albertazzi, Vittorio Gassman, e molti altri nella loro dimensione meno conosciuta, la sua vita con Dario, le lotte, perfino le sue vicissitudini familiari, ed io a mia volta esternavo i miei problemi. Ricordo che Edoardo non andava bene al Liceo; lei mi disse: «I figli devono essere liberi anche di sbagliare, non stargli addosso sempre, sennò non cresce».
Pur non entrando nei dettagli delle nostre confidenze in questo scritto, ricordo che Franca si apriva a me senza freni, come un libro aperto, senza remore. Mi stimava moltissimo dicendomi che avevo sbagliato mestiere: «Tu sei bravissimo a fare video e con internet, hai talento».
Una volta mi mandò una mail che conservo. Mi scrisse cosa pensava davvero di me paragonandomi a qualche nome importante. Sapevo che lei era priva di ipocrisia e piaggeria. E di questa sua stima nei miei confronti avevo notizia dalle sue collaboratrici, mie amiche. E questo rendeva le sue considerazioni ancora più importanti per me.
Uscimmo anche insieme un giorno. Voleva acquistare qualcosa a “Chinatown”, dove io conoscevo molti cinesi amici. Finimmo invece in un negozio indiano a lato della Stazione Centrale. Prima entrammo in un caffè dove venne riconosciuta subito e ricoperta da complimenti. Mi guardò strano.
«Ho il teatro che mi esce dalle orecchie Fabio. E’ da quando avevo pochi mesi che sono in scena… Ci sono state volte che non vedevo l’ora di finire lo spettacolo per farmi il poker…».
«A volte mi domando se noi lavoriamo davvero; guardo te che lavori, che produci qualcosa di concreto, ma noi alla fine cosa facciamo?».
Era stanca negli ultimi anni, e alcune volte dopo avermi invitato a casa sua, non se la sentiva di scendere, così Dario un giorno iniziò a parlare con me ed Edoardo della sua vita. Beh, fu un pomeriggio storico. Un Premio Nobel che mi stava raccontando la sua vita nei dettagli, perfino i più scivolosi, come il suo arruolamento nella Decima Mas da cui fuggì impaurito subito dopo.
Dario giovane oggetto di bullismo, che si organizzò imparando la scherma per poi difendersi senza spada con un pugno sul muso al suo aguzzino, che imparò la lezione…
Ricordo una sera a Cesenatico, rimasti soli io e Dario a vedere un documentario sull’ascesa del Fascismo. Stesi su due longue chair io e il Premio Nobel, che commentava avendo vissuto. Insomma era una cosa come a casa di uno zio, lui, l’autore teatrale italiano più rappresentato nel mondo, il punto di riferimento di almeno tre generazioni, lì con me a fare l’esegesi del fascismo.
Ricordo bene una frase: «Ecco vedi? La cultura era il peggior nemico del fascismo. Il popolo ignorante è sempre meglio governabile».
Dario e Franca hanno mantenuto nel tempo la loro umanità e umiltà, e il contatto con la gente.
Molti artisti di successo diventano icone irraggiungibili, attorniati da lacchè che non fanno altro che ripetere quanto sono bravi e belli, unici.
Dario e Franca sono rimasti con quell’umiltà che tutti noi riconosciamo.
Franca poi era spesso molto severa con se stessa. E non si prese mai sul serio, nemmeno quando era la donna più bella d’Italia.
Per dimensionare ciò che sto dicendo ricorderò quanto segue.
Realizzo e pubblico nel suo canale YouTube il video Lo Stupro.
Un video straziante, a cui conferii un tocco di delicatezza con la canzone di Bob Dylan “You belong to me”. Lo vide e mi telefonò. «Hai fatto un montaggio Fabio… è il tuo lavoro, guarda che non scherzo, è straordinario quello che fai!».
Dopo poco tempo controllo le visualizzazioni e stranamente vedo che aumentano a decine e poi a centinaia in pochi minuti. Gli telefono, vediamo insieme la cosa. Scopro che il video è pubblicato sul blog di Beppe Grillo e sta schizzando nel web.
«Sono felice Fabio, devi venire assolutamente a Cesenatico da me. Ti aspetto».
Era la prima volta. A casa di due mostri sacri, un Premio Nobel, vivendo con loro….sono anche un po’ preoccupato, penso. Istruisco Edoardo su ogni dettaglio. Lui è ancora un bambino. Mia moglie lavora ancora e non potrà venire.
Arrivo nelle vicinanze, in piena Romagna. Gli telefono per capire dove sia esattamente la casa, che resta un po’ fuori da Sala. «Fabio sei sulla strada giusta! Dai che butto la pasta, ti aspetto fuori casa così mi vedi».
Ed eccola là, una delle più grandi attrici del teatro italiano, la donna che ha fatto tremare i cuori a intere generazioni di giovani negli anni 50, l’icona del femminismo, dell’impegno politico; l’autrice di teatro italiano, assieme a Dario, più rappresentata nel mondo, le sue opere attualmente in scena da Pechino all’Argentina, dal Canada alla Danimarca… è la che ha buttato giù la pasta per me e mi sta aspettando….
Scendo, bacio, abbraccio, apro il cofano della Multipla bollente, e prendo un grande bouquet di fiori bianchi e rosa, i suoi colori preferiti, prelevati direttamente da un secchiello con acqua organizzato da mia moglie fra raccomandazioni varie, e glielo porgo, ahimè anche un po’ sgocciolante.
«Ohhh, ma che spettacolo, che belli… dei fiori… come ad una vera attrice!».
Ecco, “come ad una vera attrice” insegna che lei non si è mai presa sul serio. Che ha sempre avuto i piedi per terra, che ha sempre ricordato a tutti che c’è una vita da vivere. Che dopo essere stata in Tv da Fabio Fazio, mi telefonava per dirmi che se Edoardo ha la febbre alta dovevo evitare la Tachipirina e mettergli una supposta di aglio spellato.
La casa di Franca e Dario era un porto di mare. Passavano ogni giorno giornalisti, troupes televisive, artisti, scrittori e attori, amici. Un giorno trovai Dario con alcuni imprenditori per commercializzare alcune sue opere. Gli portarono spumante e altri regali. Quando la visita finì li accompagnò all’uscita e una volta chiusa la porta guardandomi commentò:
«Ecco, come la visita al Cardinale, salamelecchi, regali…».
E lì c’era tutto Dario: sarcastico, irriverente e allergico ad ogni forma di clichè. Si sentiva un giullare vero, autorevole, ma sempre dissacrante.
Un giornalista in TV il giorno della sua morte disse che nell’intervistarlo si percepiva la sua importanza e che desiderava essere chiamato Maestro. Ma il Dario che ho conosciuto non era così. Amava riconoscere nella gente il suo successo, autorevole e carismatico certo, ma sempre con un grande senso quasi infantile, di chi pensa che anche il solo vivere è già una grande fortuna.
31 marzo 2012: vado con mio figlio Edoardo a Palazzo Reale per vedere la mostra di centinaia di opere di Dario Fo. Una mastodontica mostra che la sua città, Milano, regalò al suo più illustre artista. Telefonai a Franca dicendo che sarei passato a salutarla prima di avviarmi alla mostra.
Arrivo, ci salutiamo, Dario come al solito disegnava senza freni, un’esigenza ormai fisica. Una mezz’ora in tutto, Franca che si raccomanda di non pressare Edoardo con lo studio… «Smettila di stargli addosso, sei troppo apprensivo! Lascia che decida lui cosa fare!».
Poi appena mi allontano la sento riprendere Edoardo: «Di’, ma la vuoi dare una soddisfazione a tuo padre o no? Guarda quanti sacrifici fa per te! Impegnati di più, se lo merita o no?».
Insomma una amorevole zia che distribuiva saggezza a tutti…
«Allora vai alla mostra di Dario? Aspetta un momento… Dario!?? Fabio va alla mostra che fai, vai pure tu?». «Oh sì andiamo insieme!». E così mi ritrovai in taxi con Dario fino in Piazza Duomo. Credevo fosse venuto con noi perché aveva da fare. Entrammo e comprai il catalogo. «Ma cosa fai? Ne ho a casa molti, se mi dicevi… dammi qui va!». Apre la prima pagina e inizia a disegnare una donna seni al vento che danza e sotto la dedica a mio figlio allora quindicenne.
«Sì, insomma, è nuda, ma vedrai che poi col tempo apprezzerai anche tu». Di lì a poco scoprii con mio grande stupore che in realtà Dario era venuto con noi per farci da cicerone. Mio Dio, la mostra di un Nobel con il Nobel che chi spiega ogni opera, ogni dettaglio di pittura, ogni contesto. No, dico, se lo racconto non ci crede nessuno!
Amava i suoi quadri: alcuni li ricevetti in regalo con tanto di dedica. E ogni libro che usciva, Franca me ne regalava una copia con tanto di disegno e dedica di Dario. Fra questi adoro un Arlecchino fantastico: mentre lo finiva per me, Franca elencava le mie doti sui lavori che facevo in internet per loro, così lui scrisse nella dedica sotto la firma “A Fabio, fenomeno”.
Mentre visitavamo la mostra, diverse persone si unirono stupite per seguire l’autore dei quadri nelle sue descrizioni. Alla fine ci ritrovammo in un corteo non autorizzato di persone con Dario sempre più teatrale che gesticolando descriveva quadri, marionette, costumi.
Notai che molti suoi dipinti rappresentavano fatti di cronaca legati alla politica. Molti rappresentavano fatti accaduti nei vari periodi.
Dissi a Dario che ciò mi ricordava quei quadri rinascimentali legati ad episodi di quel periodo e che i suoi dipinti un domani avrebbero potuto essere testimonianze storiche di accadimenti noti.
«Li ho fatti proprio per questo», mi rispose fermandosi, sorridente.
Fabio Greggio (cofondatore di MRS)
(Fine prima parte)