Come distinguere la sinistra dai… sinistri

Non siamo più ai tempi del dilemma luxemburghiano “riforme o rivoluzione?”, anche perché oggigiorno i “riformisti” procedono in senso contrario (verso lo smantellamento dello stato sociale, ad esempio), avendo dimenticato perfino Keynes (altro che il Marx "prudente" di Eduard Bernstein, contro il cui "revisionismo" si scatenava la nostra mitica Rosa!), e tuttavia le sinistre sono sempre essenzialmente due (ci limitiamo in questo caso all’Italia): una tutta "chiacchiere e distintivo", a cui basta "sentirsi" di sinistra per esserlo davvero (?), agitando bandierine, mostrando sigle e simbolini sempre nuovi e sempre meno rossi (rosa, verdi, viola, arancioni ecc.) e proclamando ideali facili da sbandierare senza disturbare affatto il manovratore (economico), contro cui non ha più nulla da dire; allora il nemico diventa ora Berlusconi (con Grillo, Salvini e tutta “la destra”) , ora Renzi (il kompagno che sbaglia), ora perfino il terribile Alfano (?); è naturalmente la sinistra il cui immobilismo e il cui distacco dal mondo del lavoro e dagli ideali "strutturali" (per evocare Marx) della sinistra SOCIALE ha precisamente prodotto quei mostri, di cui si vorrebbe liberare per tornare ai "bei tempi" (dell’Ulivo, dell’Unione), quando furono fatti più danni di quelli attribuibili ai mostri suddetti.
E c’è per fortuna una sinistra (in gran parte sommersa perché non riesce a trovare una rappresentanza politica adeguata) che non ha mai dimenticato i suoi valori fondanti: libertà eguale e radicale, giustizia sociale, lotta al neoliberismo, difesa e potenziamento dello Welfare, dei beni comuni e dell’intervento pubblico in economia; una sinistra che può essere definita in un solo modo: SOCIALISTA. Questa sinistra "sostanziale" ha ben poco a che spartire con quella "formale", che anche quando predica bene razzola malissimo, che dice una cosa e poi fa l’esatto contrario (ma dice anche cose nefaste). Venendo al dunque: oggi la finta sinistra può allearsi o non allearsi al PD, prima o dopo le elezioni oppure anche no, ma è tutta interna allo schema mentale del "centrosinistra" cioè alla logica del neocapitalismo globalizzato, che spera di gestire con meno traumi e scossoni "altrimenti arrivano le destre" (che sarebbero ovviamente tutte le altre forze in campo). La sinistra vera cerca invece di resistere e di riorganizzarsi, facendo opposizione sociale e intellettuale, promuovendo laboratori di partecipazione dal basso nella più completa rottura con i vecchi gruppi dirigenti compromessi col "centrosinistra" dei vari alberi e fiori (querce e ulivi, garofani e margherite).
La cartina di tornasole per distinguere "a occhio nudo" la vera dalla falsa sinistra non si riduce dunque alle baruffe temporanee col PD ("perché c’è Renzi" o "perché c’è Alfano"), ma sta in alcuni precisi banchi di prova: l’indisponibilità netta e definitiva a intese con il Partito Democratico (a prescindere da Renzi), un programma di radicale cambiamento sociale, ed una leadership credibile e nettamente riconoscibile come alternativa al ceto politico dominante. Si tenga presente tutto questo per capire di volta in volta, a livello nazionale o regionale o comunale, quale tipo di esperimento politico ci troviamo davanti.

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