TESTA O CROCETTE? I tanti dubbi sui test di ammissione all’università

di VALENTINA PENNACCHINI

La farsa dei test d’accesso alle facoltà universitarie. Anche quest’anno il test d’accesso alla facoltà di medicina fa il pieno di candidati e polemiche. Lasciando da parte il giudizio (negativo) sui test somministrati allo scopo di garantire l’accesso ai “migliori”, stabilire che qualcuno sia adatto alla professione medica con questo tipo di domande genera quanto meno qualche perplessità…

Ma veniamo al dunque. La pianificazione dei numeri di accesso a determinate facoltà-professioni non è in sé sbagliata. Appare evidente che non tutti possano fare il medico e se gli accessi fossero liberi, come da molti invocato per una sorta di “azione-reazione”, avremmo “fiumi” di dottori (l’Italia detiene il primato in Europa per numero di laureati) frustrati e a spasso come già ahimè succede per molte altre categorie. Tutti liberi, nessuno libero.

Pensare che il mercato si autoregoli è una fesseria già sentita e risentita. Ci vorrebbe una seria programmazione ma, ovviamente, l’Italia non è un Paese per giovani medici e nemmeno per vecchi malati. Nei prossimi 2/3 anni andranno in pensione 47.000 medici di base e di questo passo, tra numeri chiusi in accesso alla facoltà e a seguire alle specializzazioni, ci troveremo presto senza medici di famiglia. Come diceva Chomsky: «Questa è la strategia standard per le privatizzazioni: togli i fondi, ti assicuri che le cose non funzionino, la gente si arrabbia e tu consegni al capitale privato».

È evidente che i test c’entrino ben poco con la meritocrazia (una parola che, sebbene pericolosa, non dispiace ai più). Essi sono solo uno degli strumenti atti a ridurre la spesa pubblica per l’università e ad “edificare” il progressivo smantellamento della sanità pubblica. Servono anche a tener inchiodati due anni, se non più, molti studenti che hanno motivazione, tempo ma soprattutto soldi per aspettare e ad impedire l’accesso ai livelli più alti d’istruzione a chi, invece, non si può permettere corsi (altro business privato sorto a margine) e tanto meno di aspettare anni per progettare un’ipotesi di futuro.

Non si capisce, infine, a cosa serva il voto finale all’esame di Stato e la passerella dei “maturi” con voto 100 e 100 lode: tutti premiati in Provincia come se avessero conquistato la Luna… L’ennesima buffonata prima di affidarsi alla roulette dei quiz: tanto a decidere della propria attitudine alla professione medica e/o del proprio futuro non sarà la carriera scolastica ma una serie di crocette nello spazio di pochi minuti.

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