Il tradimento degli “intellettuali di sinistra”

di LEONARDO MARZORATI

«La sinistra ha perso il contatto con i ceti popolari». Questa frase è diventata quasi un mantra oramai. La si può sentire in tv, come leggerla sui social o su importanti quotidiani e riviste. A pronunciarla, spesso sono intellettuali di sinistra. Si tratta di uomini e donne che hanno passato il giro di boa della mezza età. Negli anni giovanili hanno militato nel PCI o in formazioni della sinistra radicale, poi, man mano che si avvicinavano all’establishment che prima contestavano, hanno mutato la loro posizione politica. Da sinistra sempre più verso il centro, questi intellettuali sono entrati nei “salotti buoni”, addolcendo il loro pensiero verso il capitalismo.

Hanno continuato a definirsi di sinistra e molti militanti li considerano tutt’ora tali. Si tratta perlopiù di militanti provenienti dal ceto medio, quello che va dai pensionati ai dipendenti privati di livello medio, passando per il pubblico impiego e la scuola. La base di quella che era una volta sinistra si è ristretta e gli elettori sono calati. Sempre più persone hanno abbandonato una sinistra, o presunta tale, troppo impegnata ad autocompiacersi e a giudicare male il povero che non si sente rappresentato da lei.

Gli intellettuali “di sinistra” hanno deciso di schierarsi dalla parte, ritenuta vincente, della loro fazione politica. Quindi, prima con Occhetto contro i “nostalgici” comunisti, poi con D’Alema e il blairismo, con Veltroni e il PD e infine con Renzi. Sempre più verso il centro, non mancando di pizzicare il leader di turno con una satira ficcante, ma in fin dei conti benevola. Non è nello stile il grande tradimento di questo ceto pensante: la scelta più deleteria è stata quella di sostenere a prescindere ogni apertura della sinistra al liberismo economico. Quindi abbiamo visto delle ottime penne di questo Paese criticare sì il bullismo di Renzi, ma valutare al tempo stesso come imprescindibili lo stravolgimento della Costituzione o l’abolizione dell’articolo 18; criticare l’ingerenza cattolico-conservatrice nel Pd, ma appoggiarlo comunque e attaccare la sinistra, definendola estremista; fare mugugni contro i bombardamenti della Nato su Belgrado, ma sostenere il governo D’Alema che partecipò all’azione militare. Il loro agire è stato un buon modo per mascherare la loro subalternità a una sinistra borghese sempre più distante dalle istanze dei ceti popolari.

Mentre il loro pensiero si spostava al centro, questi intellettuali hanno ottenuto promozioni nei rispettivi giornali, contratti televisivi, pubblicazioni di libri con le maggiori case editrici. Come la classe politica di sinistra abbracciava sempre più il mondo del capitale, loro facevano altrettanto, ripagati da un benessere che non avevano visto prima.

Il Pci e la sinistra hanno sempre avuto un occhio di riguardo verso il ceto medio riflessivo e gli intellettuali. La loro classe di riferimento restavano però i lavoratori. Oggi abbiamo un Pd e un LeU (o quello che ne rimane) che hanno come punto di riferimento proprio quel ceto medio riflessivo con il quale non si possono vincere le elezioni, ma cercare di ottenere fette di potere con alleanze, come facevano i piccoli partiti laici di centro nella Prima Repubblica. Da eredi del Pci a eredi del Psdi o del Pri. Questa è la sinistra parlamentare di oggi.

Gli intellettuali che ne fanno parte sono complici di questa caduta in basso. Hanno vissuto a stretto contatto per anni con i loro leader politici e non hanno saputo porre dei veti. I loro nomi sono noti: si parte con il più anziano Eugenio Scalfari, per passare a Gad Lerner, Michele Serra, Nanni Moretti, Concita De Gregorio, Michele Salvati, Paolo Mieli e molti altri.

I loro nomi sono noti al grande pubblico e sono diventati sinonimo di “radical chic”, con un abuso del termine coniato da Tom Wolfe, in quanto chic lo sono davvero, ma radical per nulla, dato che appoggiare il Pd, +Europa o Liberi e Uguali è tutto fuorché sinonimo di estremismo. Occorre una nuova leva di intellettuali che sia da stimolo alla sinistra di popolo e che non si lasci affascinare dai luccichii che la subdola borghesia progressista metterà sulla loro strada.

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