di LEONARDO MARZORATI –
La storia ha spesso riproposto l’esigenza delle élite di identificare un nemico contro cui scagliarsi e raggruppare le masse attorno a sé. Le più grandi tragedie dell’età moderna e contemporanea nacquero così. In democrazia possono esserci diverse fazioni di élite in lotta tra di loro. Lo si è visto negli Stati Uniti delle ultime elezioni presidenziali, lo si vede ora in Europa e, in particolar modo, nel nostro Paese. Si sono formate in Italia opposte propagande avverse, che finiscono per alimentarsi a vicenda e rafforzare lo spirito identitario della propria base.
Da un lato abbiamo tutta la galassia “sovranista”, al momento la fazione dominante. Lega, CasaPound, neofascisti, una fetta di Movimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia, pezzi del vecchio centrodestra (che a livello locale continua ad esistere e a vincere elezioni), nazionalisti e intellettuali fino a ieri fuori dagli schemi. Su tutti i social, con una propaganda incessante, questi soggetti attaccano il “pensiero dominante”, quello che fino a ieri era il braccio armato del potere esecutivo. Si spacciano per nemici delle élite, ma, in verità, sono loro la nuova élite. Le recenti promozioni di alcuni di loro a capo di istituzioni nazionali ne sono la prova. Anche quando si presentano in rete con profili anonimi, senza avere il coraggio di mostrarsi, molti di questi nuovi influencer od opinion leader hanno migliaia di follower e riescono persino a condizionare la loro classe politica di riferimento. Il loro successo ha visto ex politici e giornalisti riciclarsi a traino di questa cordata.
La strategia di questa fazione è semplice: attaccare alcuni dei poteri forti, mostrandosi come interpreti delle esigenze delle masse popolari. Il consenso ottenuto dai loro leader, Matteo Salvini in testa, dimostra come abbiano ben saputo metterlo in pratica. Queste forze non vogliono rivoluzionare l’ordine esistente, ma vogliono invece preservarlo, limitandosi a sostituire una fetta di classe dirigente legata al precedente potere politico con una a loro fedele. La nomina di Marcello Foa alla Rai, di Paolo Savona alla Consob e i continui attacchi al presidente Inps Tito Boeri sono l’emblema della loro azione politica.
La fazione opposta è quanto di più speculare ai cosiddetti sovranisti. Sono le élite fedeli al vecchio regime, orfane di un Pd non più al potere e impaurite dall’avanzare dei nuovi uomini forti. Questi hanno risposto all’ondata populista con altrettanti influencer, anonimi o identificati e molto noti al grande pubblico (Roberto Saviano su tutti), che attaccano ogni giorno l’attuale governo e, in particolar modo, il ministro dell’Interno, divenuto ormai un baricentro politico su cui è obbligatorio schierarsi. Gli oppositori di Salvini sono spesso però cinghie di trasmissione delle vecchie élite decadute. Da parte loro c’è un banale attacco al leader leghista, definito razzista o fascista, e nessuna critica all’ordine precedente e al servilismo delle élite “europeiste” rispetto ai poteri forti internazionali. I sovranisti hanno quindi gioco facile nell’accusarli di sudditanza al capitale.
Le forze popolari devono sapersi inserire tra i due fronti, per sottrarre consenso a entrambe le fazioni. I sovranisti sono avversari del liberismo solo a parole. In realtà sostengono il capitalismo e hanno tra i suoi supporter anche feroci speculatori, banchieri, imprenditori, direttori di giornali, dirigenti televisivi. Il loro obiettivo primario è sostituirsi alla vecchia élite, sfruttando la forza politica di Salvini e l’ingenuità dei 5 Stelle. Tra di loro troviamo il banchiere Corrado Sforza Fogliani, l’economista di famiglia nobile e altolocata Antonio Maria Rinaldi, ex parlamentari come Daniele Capezzone o Gianni Alemanno, giornalisti in cerca di rilancio come Maurizio Belpietro, Giovanna Maria Maglie o Mario Giordano, intellettuali come Diego Fusaro, cantanti come Povia, più una serie di ambiziosi influencer in cerca di visibilità o poltrone, come Francesca Totolo, Cesare Sacchetti, Ilaria Bifarini, Francesca Donato, Luca Donadel.
I più veementi tra loro postano quotidianamente contro Soros e la bufala del piano Kalergi. Sono bravi a portare consenso alle forze reazionarie e a spargere il germe della xenofobia, sperando di essere ripagati nel futuro prossimo con una carica politica.
Di contro ci si deve smarcare dalla cordata dei #facciamorete. Non ci si deve confondere con i difensori di quello che oggi appare un ancien régime, ma lavorare per convincere tanti ancora legati a quel mondo che esistono nuove forze politiche pronte a difendere i loro interessi. Cosa che il Pd e i suoi alleati non hanno fatto. È un lavoro difficile e faticoso, ma in una società fluida, come spiegò bene Zygmunt Bauman, si deve lavorare sui social per scardinare queste due propagande al soldo di élite contrapposte. Nessuna di loro punta al superamento dell’alienazione delle masse dal capitalismo e dal consumismo. Nessuna di loro è veramente rivoluzionaria. Sono due imperi servi del capitale. Sono come la Prussia di Bismarck e la Francia di Napoleone III: spetta alle forze popolari approfittare del loro scontro e lavorare per una nuova Comune di Parigi.