di ANTONIO DI SIENA –
Che la “sinistra” abbia trovato il suo nuovo messia in uno che se ne va in giro in Lamborghini a tirare spiccioli ai barboni poco mi interessa. Salvo il fatto che riesca a darci la cifra della fine che ha fatto. Quello che, invece, sarebbe interessante discutere è a cosa stia effettivamente servendo tutto il polverone di ieri.
Perché, al netto di ciò che appare in superficie (per inciso una roba allucinante e assolutamente deprecabile), a me sembra chiaro che tutto questo casino sia riuscito a portare a casa alcuni risultati abbastanza evidenti.
Primo: spostare, ancora una volta e per giunta durante il Primo maggio, l’attenzione dell’opinione pubblica giovanile dal gigantesco dramma sociale del lavoro che non c’è a quello dei diritti civili. Un depistaggio ormai marchio di fabbrica della sinistra liberale da molti anni.
Secondo: ribaltare completamente quello che accade quotidianamente nella realtà. Nel mondo di tutti i giorni, infatti, chi rischia non solo la censura, ma persino il linciaggio, è colui che si mette contro certi temi. Non chi è a favore. Perché, vedete, quello della censura è un problema complicato. E quasi sempre si interseca con le dinamiche di produzione della “fabbrica del consenso”.
Presentare come presunta vittima uno che problemi di bavaglio non ne ha mai avuti è assolutamente fuori dalla realtà. Fedez non è un censurato. E nemmeno un censurabile. Ma, al contrario, un artista/influencer con milioni di followers. Ruolo che ricopre proprio perché non ha mai proferito mezza parola contro il pensiero dominante. Quello che, per intenderci, è rappresentato e costantemente veicolato molto più sui social network che sulla tivù pubblica. Diversamente bisognerebbe spiegare perché Trump viene agevolmente oscurato da Twitter (mentre è ancora presidente USA) fra gli scroscianti applausi dei “difensori della libertà di espressione”, e gente come Fedez non ha mai subito neanche lontanamente la stessa sorte.
State pur certi che se Fedez, negli anni passati, anziché lanciare verdura nei supermercati avesse mai denunciato il modello economico che ha distrutto il diritto al lavoro oppure assunto una posizione critica su temi come l’Unione europea, la moneta unica, il libero mercato, la globalizzazione, l’iconoclastia delirante della cancel culture, i diritti civili come paravento per la distruzione di quelli sociali ecc. quella tribuna di cui ora gode in totale libertà gli sarebbe stata prontamente tolta. Requisita. Per impedirgli di veicolare idee contrarie allo status quo.
Terzo: polarizzare il dibattito sui diritti civili relegando i critici del DDL Zan al ruolo di fondamentalisti, ultraconservatori e oscurantisti. Se non direttamente paranazisti. Quando in realtà le voci critiche sul provvedimento si alzano con forza anche da sinistra, in particolar modo da comunisti e mondo femminista.
In conclusione, quindi, il vero problema dell’intera vicenda non sta nella presunta censura verso certo temi. E chi sostiene il contrario dovrebbe semplicemente guadare Sanremo, il programma nazional-popolare per eccellenza. Nonché il più seguito in assoluto.
Quanto piuttosto nella condizione miseranda in cui versa la Rai.
Un servizio pubblico ostaggio della politica, in cui non è possibile affrontare alcun argomento in modo completamente libero. Ma che, al contrario, subisce pressioni tali – e da tutte le direzioni – da costringere chiunque voglia prendere posizione su temi “sensibili” a cesellare, ammorbidire, controbilanciare, per non scontentare nessuno.
Ragion per cui, se proprio ci si deve indignare per qualcosa, sarebbe opportuno farlo per l’atavica mancanza di una televisione di Stato incapace di esercitare in piena autonomia il libero pensiero. Promuovendo il dibattito critico – svicolato dalla lottizzazione partitica e dall’influenza della Chiesa – in modo anche aspro, politicamente scorretto e dissacrante.
Diversamente si rischia di polemizzare totalmente fuori fuoco. Facendo passare per “antagonista” un pensiero ormai sdoganato in tutti gli strati della società, dal Vaticano alla scuola, quando in realtà è l’esatto contrario. E si sa che, quando si aizza l’opinione pubblica contro qualcosa, la si sta distogliendo da qualcos’altro.
Su Fedez furbone le sciocchezze e gli errori non si contano.
Non difenderò Fedez del quale poco mi interessa ne del suo passato. Parlo del sistema di castrazione della destra.
I vertici Rai hanno chiesto a Fedez di scusarsi pena la radiazione dalla Rai.
Già questo nega l’affermazione “Fedez non è censurato e non è censurabile”.
Da una statistca diremmo che i bannati dalla Rai negli ultimi decenni sono tutti di sinistra, mai di destra: Dario Fo e Franca Rame, Enzo Biagi, Daniele Luttazzi, Marco Travaglio, Santoro, ……Fedez non ha denunciato un sistema, ma l’opposizione a una legge che aumenta diritti.
Fedez è un pericolo per i capisaldi valoriali della neodestra cattofascista che vede ovunque un pericolo di egemonia culturale LGTB. Prova ne è che dopo 2 giorni Luca Barbareschi nel suo programma produce un monologo contro gay e lesbiche, ma nessuno eccepisce il fatto.
Servizio pubblico ostaggio della politica? Vero: ad un panorama di Tv private pari a:
-3 canali Mediaset di proprietà di un leader della destra i cui canali vengono usati in modo terroristico ogni sera con talk show ove possono parlare solo pasdaran berlusconiani (Capezzone, Paragone, Buttafuoco, Meloni, Salvini….) o personaggi della sinistra ma critici nei confronti della sinistra (Rizzo, Mughini, Bobo Craxi, Rampini, ecc)
– La7 di un personaggio di destra dove vengono ospitati Giletti o Mentana recentemente gettatosi a destra
– Rai1 con Vespa ogni sera
– Rai2 della Lega
un totale cioè di 6 tv su sette in mano alla destra regalo fatto dalla sinistra alla destra per non aver mai affrontato il conflitto d’interessi, anzi facendoci melina…
Oltre ad una informazione di quotidiani gemelli (La Verità, Libero. Il Giornale, Il Foglio….ecc) che ripetono ogni giorno i mantra e le operazioni di macchina del fango all’unisono per giorni interi…
Quindi se si parla di aizzare l’opinione pubblica direi che la scuola Goebbels ha insegnato molto al Minculpop della destra che da 30 anni imperversa drogando l’informazione e strncando personaggi scomodi.
Del fatto che questa operazione fosse iniziata 20 anni prima producendo danni culturali epocali nel paese e creando una massa critica amorfa e plagiabile ne parlereri in un secondo momento.
Lo stesso Financial Tome scriveva dieci anni fa a proposito di questo:
“In Italia le tv commerciali a partire dalla fine degli anni 70 hanno distrutto l’intero tessuto culturale del paese.
E’ quindi l’esatto contrario dell’analisi fatta nei media Bananas, completamente errata, di parte, e parte essa stessa del sistema detrorso dell’informazione, elemento fondamentale della metastasi berlusconiana che oggi è addirittura oltre Berlusconi stesso.
Si irradia in tutti i campi, cultura, intrattenimento, editoria. Potendo contare anche su scarti della sinistra e intellettuali che hanno intelligenza da vendere.
Infatti se la sono venduta e creano il pilastro della metastasi.
Esattamente come l’inizio dell’epopea mussoliniana, più grezza triviale e con metodi ormai inacettabili.
Ma quel Minculpop funziona sempre sugli stessi binari: urlare tutti insieme la stessa cosa, criminalizzare le idee scomode, scavare nella spazzatura, pubblicizzare tutti insieme un argomento o una persona alla volta.
Fabio Greggio