Lettere a MRS: “La sinistra che vorrei”

di BARTOLAGIO (Fano) –

La sinistra che vorrei è prima di tutto una sinistra unita e generosa. L’unità era l’elemento originario forse più forte nella nostra tradizione politica ed è anche l’elemento che più mi preme a titolo personale: significherebbe che si cerca di ricominciare a convivere senza sospetti, scomuniche e presunzioni di Verità.

C’è poi un elemento concreto in questa esigenza. Quando ti confronti con le elezioni e con la conta del consenso, è bene cercare una massa critica. Da evitare le ammucchiate con tutto e il contrario di tutto tipo Forza Italia o Pd e, nonostante le mie speranze iniziali, da evitare anche le esperienze fallimentari come Sinistra Arcobaleno e simili. Non sono un esperto, ma l’esempio fanese di Sinistra Unita mi suggerisce che le federazioni funzionano quando si dà il tempo per farle maturare e consolidare, invece di impostarle sotto campagna elettorale.

In linea di principio il mio cuore batte forte anche per una sinistra che sia autonoma. Che abbia il coraggio di attraversare il deserto, rinnovandosi e ricominciando da una nuova generazione di dirigenti, con la prospettiva di mettere in discussione, se non rovesciare, i rapporti di forza con il Pd di turno. A scanso di equivoci: non voglio riproporre, spostandole a sinistra, le fisse di autosufficienza grillina o veltronian-renziana.

Vorrei un partito solido e popolare, che non sia familistico né a rimorchio dei potenti, con un consenso altrettanto solido (sono stufo della nicchia) e programmi coerenti rispetto al suo operare concreto, che non deve essere la rincorsa alle politiche della destra e all’elettorato berlusconiano.

Mi piace l’idea di federare la sinistra con modalità larghe e inclusive, anche attraverso passaggi intermedi, per gradi, e non mi scandalizzano le alleanze con forze politiche che condividano alcuni obiettivi prioritari. In un caso e nell’altro considero inappropriate le pregiudiziali. I paletti irrigidiscono, però più di tanto non mi si può chiedere: è indigeribile l’alleanza con il Pd di Matteo Renzi. O il Pd cambia timoniere e rotta oppure ognuno per la propria strada.

Il campo d’azione storico per la sinistra, lavoro e diritti dei lavoratori, è stato devastato. Quattro giovani su dieci sono disoccupati e credo che la precarietà del futuro sia il principale punto di rottura generazionale con la politica. Mi convince l’idea di dare più forza agli investimenti sulle opere pubbliche, creando nuova occupazione. Non nuove opere faraoniche che deturpino altre fette di paesaggio e di ambiente, ma rinnovare le reti idriche colabrodo (si stima che il 40% dell’acqua potabile vada perduta, un vero schiaffo a chi ha rubinetti asciutti a causa della siccità); rinnovare scuole e ospedali fatiscenti.

Confido soprattutto nella capacità di analisi e di elaborazione che attribuisco a compagni e compagne del sindacato. Credo che siano loro i soggetti più titolati per ispirare leggi capaci di ridurre, assorbire, il dilagare del lavoro precario e malpagato, riportando certezza di diritti e di reddito dove ora prospera la jungla dello sfruttamento. Lavoro e diritti dei lavoratori restano per me la battaglia fondamentale per chiunque non accetti l’ingiustizia delle diseguaglianze.

Altra battaglia civile di giustizia è la difesa dei beni comuni dalle politiche per privatizzarli e devastarli in nome del profitto. Le recinzioni, i cavalli di Frisia, i muri e i fili spinati non sorgono solo ai confini dei territori più ricchi, davanti alle rotte dei migranti. Ce ne sono anche all’interno dei Paesi più evoluti.

Sono recinzioni immateriali, però molto concrete, tangibili nei loro obiettivi e nei loro risultati di esclusione. Sempre più numerose, le nuove recinzioni del XXI secolo accompagnano il divaricarsi della forbice tra chi ha molto e chi ha poco, a volte niente. Tra chi può permettersi un presente e un futuro sereni, se non agiati, e chi non ha un lavoro, non riesce a pagare il mutuo o le bollette da poche decine di euro oppure ha davanti a sé una pensione da fame, se l’avrà.

Si stima che 13 milioni di italiani non abbiano abbastanza soldi per curarsi bene. Molto meglio tutelate, invece, la salute e la vita di chi i soldi ce li ha e nonostante il suo benessere paga zero euro l’imposta sulla prima casa come un operaio. La battaglia civile a favore della giustizia sociale, contro le esclusioni e in difesa dei beni comuni (servizi pubblici, energia, cultura, istruzione pubblica, sanità pubblica e welfare in generale, ambiente, paesaggio) non deve dunque conoscere soste o flessioni e la sinistra deve continuare a farsene carico in modo intransigente.

Chi ha di più, deve pagare di più e la ricchezza creata (sì, chiedo la patrimoniale) sarà da redistribuire attraverso il welfare, che altrimenti rischia di schiantarsi insieme con la sua rete di protezioni sociali. Pagare meno tasse ma pagarle tutti: di più il ricco.

Cito George Lakoff, docente di Scienze cognitive all’Università di Berkeley, su una modalità corretta di vedere le tasse: «Non esistono uomini che si sono fatti da soli. I ricchi sono diventati tali usando ciò che i contribuenti avevano già pagato». Per esempio porti, aeroporti, autostrade e altre infrastrutture che servono per spostare persone e merci. I ricchi «devono molto ai contribuenti e pertanto dovrebbero ripagarli».

E dalla sinistra vorrei intransigenza anche sulla questione morale. La nostra storia dice che questa parte politica è nata per dare voce a gente con la schiena dritta. Magari se la spezzava per fare i lavori più umili e faticosi, ma non la piegava per inchinarsi ai compromessi richiesti dall’arricchimento illecito.

Citando Mao, si potrebbe dire che ora come ora è grande la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente.

Lo sarebbe qualora si arrivasse puntuali e attrezzati agli appuntamenti con gli snodi storici, come credo che sia l’attuale fase. Spero in un cambio di passo perché, a dire tutta la verità, vedo che da anni la sinistra accumula ritardi su ritardi. A cominciare dal distacco con l’elettorato e, conseguenza di questo primo elemento, dalla marginalità elettorale. Abbiamo ancora un elettorato di riferimento? Ci sono analisi che possano orientarci? Lo chiedo da ignorante, sarei contento se le mie domande risultassero inutili e se me ne fosse spiegato il motivo.

Incide sulla situazione della sinistra una prolungata assenza di dirigenti carismatici che sappiano destare entusiasmo e interesse tra la gente. C’è a tutti i livelli una sostanziale incapacità di bucare il video, inteso in senso lato, e di proporsi come alternativa credibile. Lo dico anche a me stesso, io che per primo tendo a parlare di politica solo con vecchi compagni, come se cercassi comprensione e conforto. Ho difficoltà a confrontarmi con lo scetticismo o ancora peggio con il pregiudizio e il disinteresse dilaganti.

Una questione di strumenti, è vero. La tv berlusconiana ha provocato danni culturali enormi, non bisogna però farne la scusa che assolve da tutti gli errori. Per me la vera questione è soprattutto nei contenuti. Chi tace o chi non riesce a farsi ascoltare, ha problemi di idee, di analisi politica e di coraggio.

Il populismo si nutre di paure (l’immigrato che insidia tua moglie, il tuo lavoro, la tua casa e magari è pure un fiancheggiatore dei terroristi) e a queste stesse paure dà risposte funzionali di chiusura: la flotta militare in mare, i muri, l’esercito alle frontiere, le leggi restrittive.

Detto questo, mi sembra oggettivo che i flussi migratori siano un rompicapo difficile da risolvere. Difficile trovare un punto di equilibrio, l’intervento di giustezza che pure bisogna cercare con misure capaci di preservare la solidarietà e l’accoglienza, evitando al tempo stesso i disastrosi contraccolpi negativi di un fenomeno incontrollato o sottovalutato.

Un altro elemento di riflessione per la sinistra, ma lo accenno solo, potrebbe riguardare alcuni simboli e nomi, la loro attualità, la loro capacità comunicativa, evocativa.

Appartengo alla generazione che ci ha portato a questo stato di cose, confido che una nuova generazione di sinistra abbia fatto tesoro della nostra esperienza e ottenga risultati migliori. Nel mio piccolo, per quanto mi è possibile, mi adopererò al meglio per fare in modo che ciò avvenga.

Il primo buon risultato da conseguire è dunque una nuova casa per una bella famiglia numerosa. Ognuno con la propria storia, comunisti, socialisti, cattolici progressisti, ambientalisti, civismo e protagonisti delle lotte referendarie, ognuno che si senta a proprio agio, importante. Nessuna tentazione egemonica, ma rispetto e disponibilità a riconoscere un giusto ruolo a ogni parte componente. La nuova sinistra deve essere unita e generosa.

Bartolagio

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