Se a sinistra si continua a scherzare col fuoco…

di MATTIA DA RE

A sinistra siamo sempre meno e sempre meno presenti nell’orizzonte politico e ideale delle persone. Oggi qualsiasi proposta a favore delle classi popolari, qualsiasi proposta anche solo tiepidamente redistributiva viene vista – dalle classi popolari stesse – come immorale, come figlia dell’invidia nei confronti di “chi ce l’ha fatta”.

Chi lavora 12 ore al giorno per meno di 1.000 euro al mese, ha fatto propria la convinzione che la sua condizione sia inevitabile, “naturale” e tutto sommato giusta.

Se poi questi soldi non bastano per pagare affitto, bollette e per mangiare, per fortuna restano altre 12 ore ogni giorno da impiegare in “lavoretti” che permettano di arrotondare e sopravvivere. L’importante è che restino giusto quel paio d’ore al giorno (e giusto qualche decina di euro al mese) da spendere in palestra e per l’aperitivo. Il tanto che basta per per sentirsi “normali”, il tanto che basta per credere di vivere una vita felice.

Le stesse considerazioni valgono per il riscaldamento globale, per la gestione dei rifiuti, per l’emergenza abitativa, per l’impossibilità di accedere a cure degne di questo nome, per il fatto di essere stat* trascinat* in guerra e per qualsiasi altro problema che l’umanità è costretta ad affrontare. Non esistono nella mente delle persone soluzioni alternative a quelle proposte dal sistema. Continua a leggere

Herbert Marcuse

di GIANCARLO IACCHINI

La questione della libertà è assolutamente centrale nel pensiero “critico” di Herbert Marcuse (1898-1979), celebre esponente della Scuola di Francoforte insieme a Max Horkheimer, Theodor Adorno ed Erich Fromm (tutti emigrati negli Stati Uniti dopo l’avvento del nazismo). Nella sua opera più significativa in tal senso, L’uomo a una dimensione, Marcuse dedica alla libertà come liberazione passi molto chiari: la società occidentale contemporanea, “reificata” e mercificata, è totalitaria come quelle del blocco sovietico, perché impone anch’essa un “pensiero unico” e toglie all’uomo ogni libertà di immaginare altre dimensioni dell’esistenza oltre a quella onnipervasiva e alienante dell’economia e dei suoi materialistici (dis)valori: merce, produzione, consumo, denaro, profitto. Continua a leggere

Ernesto Rossi

di GIANCARLO IACCHINI

rossi-1Ammettiamolo: è dalla nascita di MRS, ormai più di 15 anni fa, che sfogliamo la margherita per decidere se inserire tra i nostri “maestri ideali” anche Ernesto Rossi (1897-1967), antifascista, anticlericale, antimilitarista, antinazionalista, federalista europeo, azionista e poi radicale ma anche, come in tanti hanno rimarcato, «molto liberale e poco socialista», al punto di vedersi attribuito un “liberismo” che in effetti troncherebbe subito il discorso. Eppure… Dovremmo anche noi essere condizionati da quell’ideologismo che vogliamo combattere? Al di là di definizioni e incasellamenti che lui stesso respingeva con forza e piglio assai anarchico, restando sempre un “cane sciolto” dovunque abbia militato (e «un cane in chiesa», come ripeteva spesso, nel neonato Partito radicale), che cosa pensava e desiderava davvero Ernesto Rossi? Uno Stato assente in economia, se non come cane da guardia di quelli che definiva “i padroni del vapore”? Istituzioni indifferenti al destino degli “svantaggiati” in un libero mercato dalle magnifiche sorti e progressive? Niente di tutto questo, anzi il contrario. Si possono discutere le ricette, ma non contestare la bontà del piatto che si sta cucinando. O meglio: si può sostenere (legittimamente) che non quegli ingredienti non verrà fuori niente di commestibile, ma non dubitare delle intenzioni, del fine e dell’obbiettivo che si intende perseguire! E quale sarebbe, dunque, questo obbiettivo politico e ideale? Continua a leggere

Socialismo: oggi più che mai!

di LEONARDO MARZORATI

Lo scontro politico fa competere tante forze che sono fedeli all’ordine capitalistico. Si attaccano su problematiche del quotidiano: crescita economica, immigrazione, sanità, sicurezza, diritti civili, lotta alla disoccupazione. Le risposte restano inglobate nella cappa del sistema capitalistico. Nessuno di loro vuole dare ai lavoratori il controllo della produzione, anche con il semplice voto della governance e delle sue scelte.

I partiti si fondono e si scindono come in diversi Stati europei o restano gli stessi, almeno nel nome, per decenni come negli Stati Uniti. La loro competizione elettorale vede la partecipazione di grandi società private, che appoggiano questo o quel partito, questo o quel candidato, a volte anche diversi contemporaneamente. Si va dai finanziamenti in denaro, all’inserimento di figure fedeli nei partiti. La democrazia rappresentativa fa accedere al potere politico uomini e donne che agiranno, sui temi di interesse, in fedeltà alla società a cui fanno riferimento. Continua a leggere

Calamandrei: un rebus dell’antifascismo…

di GIANCARLO IACCHINI ♦

Piero Calamandrei (1889-1956) è uno dei più importanti “padri costituenti” e grande difensore e divulgatore della nostra Costituzione; esponente di Giustizia e Libertà e fondatore del Partito d’Azione; e verrebbe da dire, di getto, indiscusso alfiere dell’antifascismo se non fosse che proprio di questo si è molto… discusso, anche con accenti fortemente polemici. Perché? Perché il celebre giurista fiorentino era così bravo e autorevole da essere spesso interpellato dai ministri di Mussolini, fino a collaborare attivamente alla stesura del Codice di Procedura Civile uscito nel 1942, quando il fascismo (escludendo la tremenda deriva della Repubblica Sociale ormai alle porte) aveva già mostrato il peggio di sé (dalle leggi razziali alla disastrosa entrata in guerra a fianco della Germania nazista, dopo 17 anni di aperta dittatura) e paradossalmente nello stesso periodo in cui Calamandrei, che a suo tempo aveva tranquillamente firmato il Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Benedetto Croce contro il Manifesto fascista di Giovanni Gentile, si stava avvicinando ai gruppi più attivi nella lotta contro il regime, in perfetta sintonia con oppositori a prova di bomba come Ernesto Rossi e i fratelli Rosselli. Continua a leggere

LIBERALSOCIALISMO: non “moderatismo” ma doppia rivoluzione

«Noi siamo liberali, ma non possiamo ammettere il predominio del capitalismo; siamo socialisti, ma non possiamo ammettere il totalitarismo burocratico-statalista. Il nostro non è affatto moderatismo e neutralizzazione reciproca dei due termini, libertà e socialismo; ma DUE RIVOLUZIONI invece di una, massimo socialismo e massimo liberalismo. E perciò non la riluttanza ai due termini, ma anzi l’ORGOGLIO di dirsi socialisti e liberali INSIEME, con tutta la suggestione morale che questi due termini portano».
(Aldo Capitini)

Quando l’equilibrio è rivoluzionario (in un mondo così storto)

«Cari amici di MRS, mi chiamo Federico […] e questa è una lettera di elogio, anche se non so se vi farà troppo piacere. Infatti io di voi apprezzo non il radicalismo o lo spirito rivoluzionario, ma al contrario la pacatezza, la saggezza, l’equilibrio e il rispetto che traspare da tutto quello che scrivete. Mi colpisce la poca propaganda, il profilo basso, il tesseramento gratuito, la libertà di pensiero che lasciate ad ogni vostro iscritto, che subito può prendere iniziative a nome del Movimento o scrivere nel vostro blog senza censure (mi pare perfino troppo “liberal”, ma complimenti!). Ora, mi chiedo, ma perché continuate a definirvi di estrema sinistra e non invece di centro? Perché vi sentite rivoluzionari e non moderati? Io sono un riformista e vi apprezzerei di più se vi collocaste in una posizione politica meno radicale. Scusate l’imbarazzante auspicio…».

Caro Federico, che dire? A noi gli elogi fanno piacere tutti, perciò grazie. Noi “di centro”? Ma dove, nel cielo platonico delle idee o su questa terra e specialmente in Italia, dove il convento da quelle parti passa roba immangiabile? Guarda, non ne facciamo un problema di etichette e di definizioni, ma di sostanza. Cosa vuol dire essere moderati? Non è che i “radicali” come noi camminano per strada col coltello tra i denti, te lo posso assicurare… Siamo “equilibrati”? Sì certo, ma tu credi che questo voglia dire moderazione in politica? Pensa solo un attimo a quanto sarebbe rivoluzionario RIEQUILIBRARE ad esempio la ricchezza, o il lavoro, o gli orari di lavoro, tra l’élite miliardaria e la massa di sfruttati in Italia e nel mondo! Sì, sarebbe bello essere equilibrati IN TUTTO, anche nel potere e nella ricchezza; far sì ad esempio che tutti siano liberi e con “pari opportunità”: che bellissimo “equilibrio”! E tu pensi che riforme sociali in grado di “riequilibrare” un mondo storto come questo siano cose da moderati? Pensi che il mondo sia equilibrato e moderato, o non ritieni anche tu, pensandoci meglio, che per renderlo tale sia da cambiare radicalmente? Detto ciò, è vero: l’IDEOLOGIA come “verità assoluta” non ci piace, e rispettiamo ogni persona che non la pensa come noi. Il socialismo è nato per liberare le persone, e non c’è più rispetto di questo. Siamo “saggi”? Grazie, ma moderati no. Perché non possiamo essere conservatori quando c’è così tanto da cambiare! Comunque grazie degli elogi. (G.I.)

Arcipelaghi attuali… Conosciamoli!

Arcipelaghi? Posso già immaginare la reazione di un ipotetico lettore. Magari un militante reduce da svariate esperienze, confronti e immancabili delusioni. Si parla di isole? Si vuole forse avviare un percorso di conoscenza di realtà legate ad esperienze pseudo mistiche stile fine anni 70?… Immagino o posso immaginare le reazioni. Ebbene, niente di tutto questo. La pandemia non è finita, siamo immersi in un contesto turbocapitalista o come lo vogliamo definire. Poco importano le classificazioni scientifiche, il capitalismo ha sempre generato guerre affinché ci fossero riassestamenti delle classi borghesi. I borghesi talvolta alleati con i loro vecchi nemici nobiliari per cercare un senso mistico a queste imprese che null’altro servivano e servono se non a buttare al macello vite di poveri ragazzi. Questo è il contesto attuale. Continua a leggere

Manifesto del Liberalsocialismo

Dal MANIFESTO DEL LIBERALSOCIALISMO

di GUIDO CALOGERO (1940):

«Di fronte al conservatorismo che si definisce liberale e all’estremismo sociale che non risolve i problemi della libertà, noi affermiamo la nostra volontà di combattere per l’unico e indivisibile ideale della giustizia e della libertà. Facciamo nostra la rivendicazione e l’ulteriore promozione di tutti quegli istituti della democrazia che hanno assicurato il fiorire dello stato moderno, ma siamo convinti di poter procedere in tal senso solo affrontando e risolvendo insieme anche il problema sociale.

Vogliamo che agli uomini siano assicurate non soltanto le garanzie istituzionali, giuridiche e politiche della libertà, ma anche le condizioni economiche che permettano ad essi di valersene per la piena espansione della loro vita. Alla libertà di parola e di voto, non vogliamo che si accompagni la libertà di morire di fame! Ma nello stesso tempo sappiamo che nessuna riforma sociale può realmente assicurare agli uomini la giustizia, se in seno ad essa non opera, perenne, il controllo e l’iniziativa della libertà. Né la libertà può essere un futuro, rispetto alla giustizia, né la giustizia un futuro rispetto alla libertà. Entrambe debbono essere presenti ed operanti, a garantirsi e a promuoversi a vicenda. Continua a leggere

Il “nostro” liberalsocialismo (anzi l’unico)

La “riscoperta” – di per sé ovviamente encomiabile – delle radici azioniste e liberalsocialiste da parte di forze centriste e moderate come il partito di Carlo Calenda, ci costringe ad alcune puntualizzazioni, diciamo da “esperti” della materia, avendo fondato questo movimento 16 anni fa proprio sulla base dello studio attento e (a nostro avviso) innovativo di quelle radici politico-ideali. Anche pensando al profilo fortemente progressista se non rivoluzionario delle forze storiche di riferimento, quali Giustizia e Libertà e Partito d’Azione (Gobetti parlava esplicitamente di “rivoluzione liberale”, suscitando le ire di un liberale “classico” come Croce!), fin da allora ci era parsa profondamente sbagliata la lettura moderata dell’incontro tra liberalismo e socialismo, come se si trattasse di unire una destra “perbene” e una sinistra “riformista” dentro un contenitore inevitabilmente di centro. Continua a leggere